LA CARTA BRUCIA MEGLIO ALL’INFERNO
Le leggende narrano della nascita del primo Tempio e dell’ascesa del Male Elementare su questa terra. Si narra anche di come un gruppo di avventurieri ha sconfitto le forza del male, portando al mondo pace e tranquillità, con la speranza che i malvagi non osassero più ripetere questo misfatto, non osassero più risvegliare quegli antichi poteri.
Nessuno narra però di come questi poteri hanno avuto la possibilità di nascere, nessuno ha preso il compito di cercare tra antichi testi e mistici misteri la figura, l’uomo che è stato capace di risvegliare l’antico culto, pronto a risvegliare la propria distruzione.
Questo compito mi è stato affidato, e quindi devo portarlo a compimento. Non è stato piacevole cercare tra antichi testi e cabale mistiche, spesso nascoste in biblioteche così vecchie e malvagie da farmi pensare che non ci fosse via d’uscita per me e per la mia cerca. Ma alla fine sono riuscito a portare a termine il mio compito, sono riuscito a descrivere che razza di uomo è stato capace di portare il male in questa regione, sono stato capace di scoprire il vero volto dello spettro che si aggira per Nulb.
Molti di voi si sono aggirati per quei luoghi, con spirito di avventura, per il puro gusto di fare una bravata. Qualcuno di voi ha avuto la fortuna di vedere lo spirito di questa anima inquieta aggirarsi per la città, adempiendo ad antichi compiti che gli erano stati assegnati. Qualcuno di voi è riuscito a tornare indietro a raccontare questa avventura, perché non è stato visto dallo spettro. Si narra che coloro che l’hanno visto negli occhi non sono più tornati indietro.
Vi parlerò quindi di Lareth il Bello e della sua ascesa nel culto.
Lareth il Bello era proprio così: bello. Fin da bambino si distingueva dai suoi coetanei per la sua incredibile bellezza, tanto che poteva essere scambiato per uno di nobili origini. Nacque come molti di voi in casa, mentre sua madre veniva aiutata dalla lavatrice del villaggio, la vecchia più brutta e sterile dell’intera regione. Suo padre e i suoi fratelli aspettavano fuori, più infastiditi dalla pioggia che sorpresi dall’evento. I parti erano all’ordine del giorno in quel villaggio di contadini, dove l’unica fonte di sostentamento era appunto la terra. Questo fatto, unito all’alto tasso di mortalità, portava le famiglie a procreare come dei conigli.
Quindi Lareth nacque nell’indifferenza, mentre fuori pioveva e i campi erano brulli e spogli a causa dell’inverno. Non appena la levatrice uscì fuori dalla casupola nella quale viveva la sua famiglia per andare a bruciare le pezze e gli avanzi del parto, assieme ad erbe aromatiche e simboli arcani, per propiziare la nascita, la sua famiglia entrò a guardare per la prima volta il nuovo arrivato, per vedere com’era e iniziare a fare delle previsioni sul suo futuro.
Da quello che so, il padre non era convinto che il piccolo avrebbe superato l’inverno, visto che la madre era ormai anziana e gli ultimi due parti erano finiti in modo tragico. Purtroppo i piccoli che erano nati prima di lui non avevano visto la primavera, uccisi da quelle malattie che colpiscono i più deboli durante l’inverno. Anche la madre ne era uscita molto provata. Per questo motivo nutriva seri dubbi sul futuro del piccolo. I fratelli invece non erano così cinici, ed entrarono spinti dalla curiosità. Le sorelle pensavano che prima o poi sarebbe toccato anche a loro partorire in una catapecchia, assistiti solamente da una vecchia, mentre fuori il loro marito avrebbe aspettato in ansia, magari anche ubriaco. Infatti la primogenita di quella famiglia era quasi in età da marito, avendo appena compiuto i tredici anni, ed essendo già donna nel corpo da un po’ di tempo. Le più piccole fantasticavano ancora su principi, eroi e condottieri, che le avrebbero rapite al calar del sole, per sposarle e condurle verso una vita d’agi e ricchezze, piena d’amore.
La stanza era buia e l’aria era soffocante, piena di quell’odore che contraddistingue le case di contadini. Alcuni prosciutti facevano bella mostra di se in alto, legati alle travi del soffitto, mentre delle piccole scaffalature sulla parete est ospitavano alcuni vasi di terracotta contenenti miele selvatico e cipolle sotto aceto. Accanto al camino – una piccola struttura di pietra, senza grosse pretese, era posizionato un piccolo barile, contenente delle mele raccolte nel bosco vicino. Dei pagliericci erano posti dall’altro lato della stanza, per minimizzare il rischio d’incendio, mentre una scala stava mestamente appoggiata a terra, unico segnale dell’esistenza di un soppalco, dove probabilmente era posto il letto matronale. Tutto sommato non era una brutta casa, solamente era proporzionata al reddito della famiglia di Lareth. Piccola, soffocante, ma tutto sommato accogliente e abbastanza ben tenuta, se non si considerava il soffitto imbarcato e un paio di travi marce.
La madre di Lareth era posta sui pagliericci del pianterreno, esausta e arrossata in viso, con la vestaglia sudata e tirata su fino alle ginocchia. Teneva il bimbo al seno e non sembrava turbata o preoccupata per la sorte dell’ultimo nato.
Da quello che sappiamo Lareth nacque con una folta chioma bionda, che si arricciava sulla sua piccola testa, facendo quasi un cuscino per la notte. I suoi occhi erano chiusi, e poppava con energia il suo primo pasto. Era più grande della norma e, almeno ad una prima occhiata, era pieno d’energia. Mentre poppava agitava un pugno, a rimarcare la sua presenza nel mondo.
Il padre poteva ritenersi soddisfatto. Forse il piccolo sarebbe sopravvissuto.
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