L'amore dona la gioia e la vita con ogni parola, ogni sillaba, ogni lettera, ogni respiro.
Era dolce la melodia e tiepido il sussurro che riecheggiava da una grotta. Parlava di un giovane incontrato anni addietro, quando si era ancora ragazzetti, lui con i bei occhi intensi e le labbra già carnose, i capelli in ordine e le spalle robuste. Lui.
"Qual è il tuo nome, che è sfuggito il ricordo di quell'istante?"
"Qual è il tuo nome, mio giovane dio, o spirito, o incarnata essenza che sei tornata qui per me?"
"È una ragazza di non più di 16 anni, nessun tratto distintivo tranne una fluente chioma bionda..."
"Dev'essere bellissima...". "Oh be', ma mai quanto voi, o splendida apparizione... già, anche l'armatura è splendida o, piuttosto, splendente. In ogni caso, l'avete vista? La ragazza intendo..."
"Messer gnomo, vi pregherei nuovamente di non interrompere un paladino nell'atto di compiere il suo mandato"
"..."
"Mmh, bene. Ordunque, si domandava, madama, se per caso aves..."
"Scusami, stavo contemplando l'essenza della bellezza. Mi stavi dicendo qualcosa?"
La splendida apparizione indossava un'armatura che la copriva da capo a piedi, un'armatura per un nobile di qualche origine (gli stemmi incisi sul paraspalle recitavano una frase in un dialetto dell'ovest) ma di certo per un uomo non per una donna. Si vedevano chiaramente dei segni di lavorazione sulle piastre del pettorale che permettevano a una donna di indossare e proteggere un petto ben più prominente. La madama stava certamente indossando le vestigia di un parente, forse di un fratello o del marito, e questo parente non doveva esserci più.
"Dev'essere una storia molto triste, lo senti nell'aria e lo vedi negli occhi", pensò tra sè e sè lo gnomo, il quale si rispose "mentre di solito una donna dentro una gabbia di metallo, capace di roteare una palla di ferro grossa come la nostra testa, è del tutto normale?! Idiota!". Lo gnomo continuava a fissare la donna.
L'altra armatura semovente, di una fattura squisita, sebbene piena dei segni di scontri ripetuti e recenti, rispondeva a un nome importante: Bertrand de Rocherbrune, Cavaliere dell'Ordine maggiore dei Paladini di Ayndril. Strisce di capelli brizzolati gli davano un aspetto ancora più austero di quanto la sua postura e i suoi modi già non gli conferissero. Era un uomo severo e tutto d'un pezzo, ligio alla sua dottrina come lo gnomo aveva già avuto modo di sperimentare.
Lo gnomo, tutto all'opposto, era tanto difficile da comprendere quanto facile da notare: uno stretto e lungo ciuffo di un arancione carota che gli coronava la testa e uno scialle dello stesso colore annodato attorno al collo erano il centro dell'attenzione nella locanda. Solo qualche avventore sembrava più attento e preoccupato all'avvicinarsi del fondo del bicchiere, più specificatamente un gruppo di nani, probabilmente minatori in cerca di ristoro per la pesante e innaturale calura di quei giorni.
Be', forse non tutti quei nani erano minatori: tra loro ce n'era uno che dopo aver asciugato il fondo della sua coppa con la folta barba, benediva e disegnava sulla testa lucida dei suoi vicini un simbolo che tanto ricordava quello appeso al suo collo, il simbolo del dio del sole, il radioso Pelor.
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