IBERICAN
Il mio nome è Iberican, nato da una famiglia di mercanti del Sud. Come tutti in famiglia porto i tratti distintivi della mio popolo, con gli occhi scuri e i capelli castani. Sono piccolo di statura rispetto la gente alta del Nord, ma il nostro valore non è pari all’altezza e anzi, siamo dei guerrieri formidabili e di un certo valore. In tutte le guerre per il possesso del Grande Fiume la nostra gente si è distinta per coraggio e sprezzo del pericolo, riportando vittorie inaspettate , gloria e onore al nostro popolo.
Dalle nostre parti non abbiamo un signore feudale, non abbiamo un signore, non abbiamo un governo teocratico. Siamo gente pratica, che non crede all’occulto. Sappiamo che esiste la magia e la rispettiamo, ma sicuramente non crediamo alle panzane che ci propinano i predicatori sugli dei. Crediamo solo in quello che esiste. Siamo servi della ragione, della ricerca e della logica, la nostra filosofia porta l’individuo a saper ragionare con la propria testa e a non cedere agli eccessi della paura che la religione sa instillare.
Per questo non abbiamo mai avuto problemi con le altre razze, l’unica cosa che ci serve per convivere in armonia è sapere che la ragione pervade ogni cosa e che la tolleranza è alla base di tutto. I piantagrane nei nostri territori o vengono portati a calmarsi o vengono invitati ad andarsene, senza rancori o acredine.
Per regolare gli eccessi dell’essere umano, abbiamo sviluppato un sistema di meditazione, che porta la persona a convivere in armonia con il cosmo. La nostra scuola è rinomata, e riceve allievi da ogni villaggio della regione. Qui si impara a meditare, a trasformare il nostro corpo in solida pietra e agile canna, a portare all’estremo i nostri limiti, per compiere imprese che pochi altri esseri umani sarebbero capaci di compiere.
I nostri eserciti combattono senza armature, senza scudi e senza armi, privilegiamo degli agili spostamenti e degli attacchi a sorpresa con varie armi molto semplici, derivate dagli strumenti agricoli che tutti possiedono i casa. Non è raro che i nostri capi combattano a piedi nudi, mulinando braccia e gambe in una serie di colpi senza tregua.
Fui iniziato a questi studi come tutti i giovani del mio paese, con l’accordo di formarmi per cinque anni prima di avvicinare mio padre alla guida della bottega. Quindi diligentemente andai avanti a studiare, combattere, meditare, fino a raggiungere l’età matura, in cui avrei dovuto lasciare la scuola. Ma non volevo questo, il mio essere e il mio spirito erano legati allo stile quasi ascetico che lo stile monastico mi aveva insegnato. Volevo continuare ad approfondire i miei studi, a conoscere meglio il mondo. Volevo distinguermi dalla massa e dimostrare al mondo quello di cui ero capace. Ne parlai al mio superiore, il quale decise di appoggiare la mia richiesta.
Mio padre fu molto scontento, in quanto l’età cominciava a premere sul suo corpo e voleva che lo avvicinassi negli affari. Per fortuna avevo molti fratelli, e uno in particolare avrebbe potuto sostituirmi, in quanto era più giovane di me di appena un anno e a breve avrebbe terminato anche lui gli studi.
Fui inviato nel monastero centrale, fulcro dello stile monastico a cui ero legato. Parlai e mi confrontai con i grandi del mio ordine, sul mondo e sulle persone, sui popoli e sulle nazioni. Finalmente capii che il mondo doveva essere raddrizzato con l’esempio e non con la forza, con le parole e non con la spada. Dovevo fare qualcosa.
Decisi di partire, per poter fare di più per la razza umana. Partii, pieno di speranza, per poter portare al mondo la luce della ragione, per poter mostrare alle persone l’eccesso della religione. Il coraggio non mi mancava e nemmeno un certo ardore in battaglia. Quindi ero pronto: se le parole non sarebbero bastate, il mio pugno avrebbe colpito quelli che fanno della superstizione oggetto di paura e di costrizione, quelli che in nome di qualcosa che probabilmente non esiste fanno il male per il mondo.
Andai.
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