Spostati Nano di Merda!

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martedì 25 ottobre 2011

[Anatema della vita] 4. Negromante...ssa

"Il Negromante ha a disposizione almeno tre luoghi dove poter rifugiarsi: alla testa delle sue armate, nella sua rocca tra i suoi libri o nell'anticamera della dannazione, la grotta ove è solito commettere gli atti più scellerati."
"Per essere una mappa è fin troppo dettagliata! Senti, o grande Eroe, e dove starebbero di preciso questi luoghi?"
"Cos...? Non capisco a che possa servire un'informazione del genere a te, nano... Mh, tanto più che non lo riporta."
"Inutile pezzo di carta straccia. Mi ci posso pulire le chiap..."
"Contegno gnomo! Abbiamo nobili compagni di viaggio, tra cui una rappresentante del genere che merita più di tutti rispetto: bada ai tuoi modi."
"Di certo non intendevo mancare di educazione verso...", lo gnomo perdeva il filo del discorso ogni volta che rimirava negli occhi Xanthia di Sivelune, occhi del colore dell'argento come la luna da cui prendeva il nome. "E... e... e, poi, non mi pare che il nostro mastro nano..."
"Sacerdote, sono un sacerdote! Perché tutti i nani devono essere dei mastri?!"
"... il nostro sacerdote nano sia di nobili stirpi."
"Si riferiva a me, testa rossa". Era l'Eroe che parlava.

L'Eroe, al secolo o forse al millennio Myr, aveva ottenuto questo soprannome, non certo un titolo, per alcune imprese davvero impressionanti: le solite cose che fanno impazzire di giubilo una corte reale e riempiono la bocca degli avventori delle locande; finanche i libri di storia riportano questo genere di imprese, ma non sempre dietro un poderoso fumo si cela un immenso arrosto.
L'Eroe si era presentato davanti a tutti i 15625 pentacoli sul destriero più bianco che paladino avesse mai strigliato, con quel giusto riflesso e bagliore nello sguardo che sacerdote avesse mai immaginato, con quel cipiglio attraente che mai donna avesse desiderato e con indosso le vesti più ricche e variopinte che gnomo avesse mai indossato.
"Ci sa fare il ragazzo", commentò lo gnomo. "Come una trota su un porcospino", rispose acido lo stesso gnomo.
Il nano (e lo gnomo) aveva le idee chiare al riguardo, ma in quanto eran tutti e cinque membri dello stesso pentacolo e per imposizione del sommo sacerdote insigniti di sacra missione sotto la supervisione del granitico Bertrand, non v'era tempo per questionare sui titoli, veri o supposti che fossero.

L'ordine sacro e reale per ogni pentacolo fu categorico: senza ausilio di mezzo o bestia alcuna, ogni pentacolo doveva recarsi secondo quanto la propria intuizione indicava alla volta del negromante e, ovunque esso si trovasse, affrontarlo, annientarlo e riportare traccia del proprio successo. Pelor e Heironeus profondevano copiosa benedizione su ognuno dei valorosi e la salvezza delle loro anime in caso di insuccesso. L'insuccesso, fu precisato, poteva essere uno soltanto: la morte dell'intero pentacolo per mano del negromante o delle sue schiere.
Ai pentacoli non fu data possibilità di scelta, né fu lasciato discutere i mezzi necessari: a ogni gruppo fu consegnata una mappa, copia di un'antica mappa prelevata da un tomo vecchio di dodici secoli. Tanto era antica la minaccia del negromante.

"L'unico accenno che fa è che la caverna si manifesta ciclicamente in alcuni luoghi. Lo si desume chiaramente da questi glifi in draconico, suppongo un sottostile della stirpe ambrata, un incrocio tra eredi dei draghi bronzei e quelli rossastri, ormai inesistente, o dovrei dire debellata, falcidiata dalla mano... chiedo venia, dalla lama degli uomini. Dico giusto, gran cavaliere Bertran?"
"Rimaniamo concentrati sulla nostra meta, sapiente Myr."
"Vai, Bert! Cantagliela a quello spocchioso."
"La caverna si manifesta, come già detto, nelle zone pedemontane, certamente in queste e queste regioni... e da quanto recitano gli antichi testi custoditi nella mia città natale..."
"mh mh", tossicchiò Bertrand.
"... dovrebbe avere l'aspetto lugubre di un ossario dal fetore di sangue marcio e putrescenza."
Il bagliore negli occhi dello gnomo assunse d'improvviso una tonalità scura e selvaggia. Afferrò il coltello dalla cinta e lo piantò sulla mappa inchiodandola al tavolo. La lama indicava la caverna dove settimane prima lui, Bertram, Xanthia e il sacerdote di stirpe nanica avevano salvato la giovane Camilla.
L'Eroe guardò i suoi obbligati compagni di ventura dissimulando perplessità con impertinenza.
Xanthia liberò la mappa dal morso del pugnale, che porse allo gnomo, e sfiorando il foro sulla pergamena, "qui v'era una negromante...ssa o come si potrebbe chiamare una - umph - donna che pratica certe cose contro giovani ragazze. La negromantessa non esiste più. Il luogo è stato bonificato e non è più una minaccia".
"Mirabile esposizione dei fatti, madama. Era dunque una donna il famigerato negromante? E se è stato sconfitto, come possono le sue legioni essere ancora all'opera? Siamo di fronte a un male ancora più grande e incontrollabile?"
"Oh, ne ho visti parecchi di creature morte ultimamente", borbottò il sacerdote, "e quei sgorbi di costole e carne che non mi arrivavano all'ombelico non erano certo tosti come i giganti che ho affrontato e distrutto in nome di Pelor".
"Ricordo che erano particolarmente inconsistenti, oltre che facilmente permeabili alla magia", lo gnomo mimava i movimenti con cui era riuscito a comandare e roteare quelle piccole creature. "E voi, adorabile Xanthia, non avete avuto alcuna noia a spazzarli via come spighe di grano, e l'odiata negromantessa è stata insidiosa ma di certo non all'altezza della fama del negrom..."
"Forse è stato sovrastimato il suo potere."
"Non dite sciocchezze, paladino. Siamo stati noi elfi a erigere le mura della sua rocca perché grande era la sua fama e la sua saggezza prima di divenire una minaccia! Voi uomini siete sempre pronti a elevarsi al di sopra ogni altra creatura... stolti e giovani umani..."

"V'è tristezza, Tam, nel cuore di quell'elfo", pensò lo gnomo. "V'è rabbia negli occhi di quell'elfo, Mat".

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