Spostati Nano di Merda!

Spostati Nano di Merda!

mercoledì 29 dicembre 2010

pov sessione 4- point2

Long John mi ha ingaggiato come forza lavoro nella sua ciurma. Oltre a me ha portato a bordo dell'ammiraglia altri avventurieri, ma nessuno è al mio livello. Sono dei puzzoni infami, indegni di essere chiamati uomini.

Il capitano si è assentato nella nave ammiraglia per un po' di tempo, ma non so dove sia andato o cosa abbia fatto, mi ha solamente ordinato di sorvegliare la scialuppa che ci avrebbe portato in salvo, lontano dalle bocche di fuoco della nave. In aggiunta a questo, mi sono preso la responsabilità di sorvegliare questi imbecilli ubriachi, in modo da bloccarli prima che combinino qualche cavolata. Che gli dei li fulminino!

Finalmente il capitano è riemerso dai meandri della nave e possiamo allontanarci. Mentre stiamo prendendo il largo, un esplosione ci rimbomba nelle orecchie: è il saluto di Mr Bomb, aiutante del capitano, una persona che puzza come il ventre di una balena lasciata a marcire in agosto, ma con una carica infinita e una passione per le armi da fuoco che ci sarà molto utile.

Arrivati a bordo della nave rubata da Flynn, il luogotenente del capitano, subito subiamo il cannoneggiamento da parte dell'ammiraglia. Per fortuna che hanno il timone rotto e non possono seguirci. Durante il bombardamento conosco un musico, il quale non ispira fiducia. Sembra pazzo, a girare con la sua tavoletta per prendere appunti su tutto quello che succede a bordo. Personalmente non capisco come fa Flynn a sopportarlo, io lo avrei già appeso per lecaviglie all'albero maestro.

Finito il bombardamento mi ordinano di riparare la nave, la quale ha subito ingenti danni. Immediatamente lascio il remo e corro a prendere martello e chiodi, in modo da riparare i danni subiti dalle bombe. Intorno a me c'è molto movimento: Flynn sta parlando con il capitano, il musico mi sta accanto (purtroppo) e Mr Bomb sta importunando una ragazza, che chiama in continuazione Chiappe Sode, per i suoi evidenti meriti fisici. Nei ritagli di tempo scommetto con chiunque mi capiti a tiro, persino con quella piattola del bardo.

Purtroppo mi ordinano di incatramare le paratie con lui e per poco non mi fa ammazzare l'imbecille: con i suoi canti mi fa sbagliare e per poco Flynn non mi spara addosso perché ho “convinto” il musico a fare il lavoro per me. Giuro che non lo sopporto.

Per fortuna le mie pene vengono ripagate. Mentre sto beatamente facendo un solitario vicino al timone, vedo che il capitano ordina a Flynn di sparare un colpo di moschetto al bardo, poiché lo infastidiva con il suo canto: Flynn gli buca la mano con un colpo ben assestato e dopo poche ore gli buca l'altra, mentre stiamo scaricando le nostre cose al porto. Io prelevo un remo da utilizzare come arma, poiché con la spada che mi hanno dato non mi trovo molto bene. Insieme a Bomb decidiamo di andare al bordello, nonostante sia mattina, ma tutti e due vogliamo toglierci quel prurito che da tanto non ci fa dormire. Femmine!!!!

Poi non ricordo bene cosa è successo. Nella mia mente si rincorrono immagini sfocate di io e Bomb che inseguiamo il bardo per la città, di lui che ci sfugge rubando una chitarra, di io che lo ritrovo in piazza che suona e gli frantumo lo strumento tra le mani, mentre il pubblico applaude.

Il ricordo meno sfocato che mi viene in mente è quello in cui Flynn ci dice di andare a bordo di una nave che intende rubare, di lui che è stato promosso capitano e poi mi pare che sia partita una rissa, ma non mi ricordo. So solo che il bardo adesso ha in mano una fisarmonica e io sono molto felice di questo perché a me le fisarmoniche piacciono!

A bordo la vita è abbastanza monotona, perché non c'è molto da fare. Io e Bomb beviamo, Flynn è alle prese con un organo automatico, che ogni volta che qualcuno lo tocca spara una freccia, tanto che il bardo è già svenuto e ho dovuto portare la sua carcassa in una branda (nessuna delicatezza).

Sono già morti 5 uomini dell'equipaggio, un po' per incidenti, un po' perché infastidivano Flynn e Chiappe Sode. Non so cosa dobbiamo fare e non mi interessa. Basta che non manchi il Rum, le donne e le scommesse. E anche un po' di soldi, visto che li ho finiti e ne ho un disperato bisogno, non posso girare sempre con un remo come arma, vorrei avere qualcosa di più solido. Bomb mi ha proposto di mulinare in duello un cannone, ma non riesco a sollevarlo bene, potrei scaraventarlo dall'alto su qualcuno, ma non è agevole da impugnare...potrei provare con l'ancora.... magari il bardo mi fa da cavia, tanto non occorre che sia d'accordo!

martedì 28 dicembre 2010

Pov sessione 4

Stiamo fuggendo da quella maledetta nave della marina, ha una batteria di cannoni immensa, sembra un forte della terraferma. Long John è nei suoi alloggi, tranquillo come al solito, io al timone ed il resto della ciurma ai suoi posti di manovra: Mr. Bomb è in stiva ai cannoni, dopo aver evitato con agilità una prima loro scarica di colpi, ordino il fuoco e anche noi ci facciamo sentire, il problema è che i maledetti hanno corretto il tiro, con la loro seconda bordata ci asportano un pezzo di nave, del quale rimane solo il pescato, fanno danni enormi allo scafo, dal quale entra acqua, e fanno saltare un pezzo di stiva: è vero che avrei effettuato tagli del personale - John assolda sempre troppa gente e troppo stupida - ma avrei preferito evitare la disintegrazione della nave -. Grazie al blocco del loro timone, riusciamo ad allontanarci e Varulf, il carpentiere, inizia a lavorare, ordino ad Eddie di aiutarlo, ma ne succedono di tutti i colori. Prima dico loro di passare la pece all'esterno, sulla chiglia, là Eddie abbindola Varulf, il quale da pollo qual è ci casca in pieno, e inizia a dare la pece come fosse uno di quei pittori francesi del periodo. Scopro Eddie, faccio tornare le cose a posto; dopo altri episodi di questa caratura, succede la cosa che mi ha divertito di più. Il capitano è stufo di Eddie, che nel frattempo è salito sull'albero maestro a far la vedetta, io ne colgo lo stato d'animo e gli sparo ad una mano. Nessun problema se non fosse che poco dopo il capitano mi ordina di sparargli all'altra: abbiamo un bardo monco, mi ricorda uno di quegli ammaestratori di Singapore che aveva insegnato, senza mani e senza lingua, a suonare e cantare alla sua scimmia.. Durante queste scenette tanto divertenti quanto stupide ed inutili, ogni tanto sento o vedo mozzi volare giù dalla nave, non so se vivi o morti, e non ne capisco il perchè, mi informerò con John.. Il viaggio procede, il capitano, il signor Bomb - ma avrà un nome sto uomo, dovrò chiederglielo se non sarà storto dal rum.. - e Dolcezza - so che si chiama Kira, ma Dolcezza suona meglio - sono nella cabina e brindare, io al timone, Eddie il monco in vedetta. Ci stiamo dirigendo a Fauci, mèta nota, un porto amico. Una volta giunti lì, aver fatto la solita manovra per entrare, noto una nave gigantesca, la indico a John, il quale con la sua solita flemma da navigato lupo di mare mi dice che ne ha viste di più grandi, - la nave dove siamo noi ora può essere benissimo considerata la sua scialuppa - e sbarchiamo. Prima il capitano vuole far saltare la nave - ometto di descrivere l'espressione misto eccitata/felice del signor Bomb, poi ci ripensa e la vuole vendere, anche qui ometto l'espressione triste/malinconica del suddetto, e mi dà appuntamento in locanda. Mentre io lavoro sulla nave per recuperare le cose utili del capitano trovo un piccolo tesoro: una pistola! Sono molto contento, me la tengo, ora assieme al cannocchiale che mi ha "prestato" Dolcezza ho quasi tutto ciò che mi serve, devo solo trovare una stramaledetta bussola... Mi reco in locanda con la cassa di John, dalla quale, senza farmi vedere l'interno, estrae carte nautiche e mi comunica che le nostre strade si dividono. Finalmente, avrò una mia nave, contrattiamo sulla ciurma, mi frega - saranno stati i suoi truccati - a dadi il signor Bomb che poi, con un piccolo espediente - riesco a portarmi via: è pazzo, alcolista, puzza, ma fulmini se ci sa fare con la sua polvere! Trovo la mia ciurma, ho le carte nautiche ed una rotta: partiiamo! Dopo qualche problema iniziale, risolto con qualche ridimensionamento della cozzaglia di manigoldi che mi seguono, si salpa! Sulla nave c'è un organo che suona solo, rumori strani nella mia cabina... Nella mia cabina c'è anche Kira, che ho voluto là prima di tutto per sentire che si è detta con Long John, poi bè, c'è del vino buono, una cosa tira l'altra...

giovedì 23 dicembre 2010

Mr Bomb è attivo!

Flynn: signor Bomb..... FUOCO!

Mr Bomb: BADABOOOM!

...Segue standing ovation di Eddie con accompagnamento di nacchere!!!

Flynn: Signori, tutti ai posti, non fatemi scomodare la passerella..

Mr Bomb: BADABOOOM! opssss

Flynn:
SIGNOR BOMB, PER IL TUONO!?!?!? Ha 3 secondi per far sparire lei, il suo archibugio (o quello che è) e i pezzi della nave che sono ai miei piedi!!!!!!!

Mr Bomb: badabimimim


Long John:
signor bomb, qui è il capitano. continui pure.. voglio la nave ridotta a brandelli!

ragazzo non bloccare l'opeosità del signor bomb.. sta creando!

(Brody, colto dall'esplosione - notate il gioco di parole - di opportunita` che gli si parano davanti, inaspettata quanto desiderata ardentemente, fa l'unica cosa di cui un essere umano in simili circostanze e` capace di compiere: bestemmia a mezza voce dato che subito gli si blocca il respiro; per recuperarlo si batte rudemente il petto; al che rutta e sviene. Da questo momento in poi nessuno e` consapevole dell'immensa operosa creativita` che rimarra` racchiusa nel cervello del corpo svenuto. Solo una frase, piu` tardi, riecheggera` pallida nell'aria: tette grosse come due culi! La perplessita` dell'equipaggio riempera` il silenzio, rotto solo dallo sciabordio delle onde addosso alla ciglia della nave)



Storm

"Vele spiegate!" "cazza la randa mozzo!" sento il profumo del mare.. Lo sciabordio delle onde sulla carena. Il salso misto al sudore degli uomini.. questa è la mia vita. Questo tutto ciò che desidero..

15 sopra il baule del morto,
yo-ho-ho e una bottiglia di rum!
Satana agli altri non ha fatto torto,
con la bevanda li ha spediti in porto.
Yo-ho-ho e una bottiglia di rum!

domenica 19 dicembre 2010

pov sessione 2

-uff, che fatica sta cassa, deve proprio essere preziosa per il capitano...-, arriviamo alla nave, la issiamo con delle cime e, finalmente ci riposiamo un po'. Sento le urla in lontananza, è Eddie, evidentemente rimasto indietro, evidentemente in difficoltà, evidentemente non ha capito un tubo di quello che doveva fare, altrimenti sarebbe stato sulla nave ad aspettarci. Una volta sul vascello noto un po' di facce nuove, c'è un ragazzetto in vedetta, un po' di manovratori: uno grosso con espressione vacua ed ebete, uno al timone con modi di fare molto strani, qualche bracciante nella stiva: Long John deve aver arruolato i primi cenciosi ubriaconi che ha trovato, con la promessa di oro, rum e qualche buona compagnia.. -in questi casi John mantiene le promesse: l'oro è quello che gli sfila dai cadaveri (o meglio lo fa fare a me), il rum è quello della bottiglia vuota che gli rompe in testa, la compagnia è quella dei pesci...-. Dopo aver appoggiato la cassa di John fuori dalla sua cabina - dalla quale proviene un profumo che mi indica precisamente che è in dolce compagnia; per il disastro pirotecnico causato dal signor Bomb - eccentrico, particolare, pazzo a tratti, ma diavolo se ci sa fare con gli esplosivi - dalla guarnigione partono cannonate, decido di prendere il mio posto al timone, ma il timoniere che c'è non me lo dà: dopo qualche scambio di parole tanto educate quanto inutili con un rapido colpo di mano lo stordisco e prendo il timone. Quell'idiota ha bloccato il perno su cui gira l'asse dello stesso, è un disastro, sto riportando la nave in bocca ai cannoni!! Me ne accorgo rapidamente, e in qualche modo riesco ad evitare danni più grandi del dovuto, quando, sentendo le imprecazioni del capitano, risveglio il timoniere stordito, lo piazzo al timone e, come mi aspettavo, assisto al "taglio del personale" da parte di Long John, è molto sincero e diretto nelle sue scelte! Al timone ora si posiziona lui, mi spedisce nella stiva dove ci sono i fori delle cannonate e trovo un carpentiere degno delle migliori commedie: sta riparando la chiglia dove NON c'è danno, bensì dove è integra. Dopo qualche momento di esilerante inutilità, si dedica al suo lavoro. Le cannonate proseguono, le urla del capitano aumentano, il numero di volte che sento il mio nome è imprecisato. La situazione degenera: prima dico a Marcello, il beota al quale ho fatto levare l'ancora prima e che al momento stava tamponando la perdita con la sua smisurata panza, di svuotare a secchiate la stiva, nel mentre Brody isola la stiva con della pece che poi fa saltare - chi l'avrebbbe mai detto - con una detonazione, poi il carpentiere offende Marcello e scatta una rissa. Devo tagliare corto: dopo essere salito a prendere il moschetto, freddo Marcello, poi c'è una piccola collutazione col carpentiere nel quale quasi lo stendo, che decido di interrompere con la sciabola. Neanche il tempo di parlare che si attua il secondo taglio di personale di John, eliminato anche il carpentiere con una pistolettata! Finalmente un po' di pace: dopo una mezza giornata a svuotare la stiva dall'acqua approdiamo a terra. Long John ha effettuato una transazione: la definirebbe con transazione a termine, nel senso che la nave che ha appena venduto terminerà in fondo all'oceano, grazie al signor Bomb. Ora siamo in locanda, e, tra un giro di rum e l'altro, stiamo pianificando degli investimenti navali molto interessanti...

Pow sessione 1-

PREMESSA: il dado ha voluto che Eddie fosse “sessista, razzista o con altri pregiudizi”, quindi la mia è pura interpretazione! Per non parlare del fatto che non è un punto di vista obiettivo (è un bardo no?).

La città di Repdenzel è raggiante e ricca di opportunità! Il mio pubblico, come era scontato aspettarsi, mi adora!! Portare il mio talento per le piazze cittadine frutta sempre smisurate ricchezze! Giusto ora che ho accumulato una bella somma di denaro extra, è giunto il momento di scolarsi qualche sana bottiglia di rum! Quale posto migliore del “Granchio d’Oro”? Qui si soffermano eroi epici e avventurieri con piume di pappagallo che pendono dagli eleganti cappelli! E non è raro trovare diverse giovani donne vogliose di esibire agli ospiti i doni che Madre natura ha concesso loro! Mentre verso sulle labbra le ultime gocce del decimo bicchiere di alcool, senza sentire alcun tremolio o vertigine, mi accorgo che al banco siede quel ruffiano di Long John! Non metto in dubbio le sue capacità, ma lucidare i deretani della Red Company non è da veri pirati all’avventura…
Insieme a Long John beve alla sua salute un marinaio orgoglioso! Non mi stupirebbe se sapesse fare qualcos’altro oltre a scrostare le alghe… Ma è eccessivamente sicuro di sé, Long John non lo terrà a lungo vicino.
Più tardi sono costretto a testimoniare la più grave offesa che si possa arrecare ad un locale di buon nome come il “Granchio d’Oro”!! Una figura umana lurida, volgare, che esala un lezzo intollerabile fa il suo ingresso… Come se non bastasse non si cura dei numerosi clienti mentre si gratta con vigore all’altezza del cavallo… Mi chiedo perché debba ostentare così tanto il suo prurito allo scroto… E se la prende pure per averglielo fatto notare! Per fortuna dopo poco tempo esce… Serve altro rum!
Ecco che Long John si avvicina: a quanto pare vorrà propormi un incarico! Ma io sono un intrattenitore musicale di alto livello, non accetto lavori per chiunque! Deve essere qualcosa di esaltante o pagato molto ma molto bene per catturare la mia attenzione. Long John mi rivela di aver compiuto imprese impareggiabili, degne delle composizioni del grande Sarav!! In realtà dopo una ventina di pagine di appunti mi rendo conto che le sue storie sono pura fantasia, piene di contraddizioni e assolutamente poco credibili anche per il pubblico più ingenuo… Ma solo l’idea di poter competere con Sarav mi sprona a compiere uno sforzo e tentare la mia opera definitiva! Long John crede di essere furbo, ma io di più!
Più tardi Long John raduna la sua nuova ciurma alla nave: per Olidammara, in che guaio mi sono cacciato… La ciurma è composta proprio dallo spadaccino con la puzza sotto il naso e dall’uomo laido di prima che puzza e basta… Per non parlare della nave: mi sembra una vera bagnarola… Ma nessuno ha fatto notare a Long John il pessimo stato della vela di trinchetto?? Vediamo se qualcuno se ne occuperà seriamente, fino a quel momento non ne saprò nulla, poi mi offrirò per un giusto prezzo! Lo spadaccino, Flynn, poi è un po’ tonto… Mi è bastato raccontare la mia semplice delle bugie per fargli credere che non ne so niente di vele! Ahaha chissà che faccia che farà quando mi rivelerò indispensabile!!
Long John continua a narrare le sue storie fasulle, mentre io le dò forma di un poema!
Poi mi viene affidata una missione: creare un diversivo per un’operazione all’armeria del porto militare! Finalmente un’occasione per farmi un nuovo pubblico di fedeli ascoltatori: le guardie frustrate di Repdenzel!
Viene fissata l’ora del ritrovo, ho ancora molto tempo. Approfitto e con il primo stipendio di Long John vado a fare scorta alcolica per dare maggiore vigore alla mia forte ispirazione artistica! Intanto vado a fare esercizio di allenamento al bordello di Greta Moire: un paradiso per coloro che cercano le più belle gambe della regione! Donne dai modi semplici ma diretti, che allietano gli animi degli uomini reduci da affascinanti avventure in mare! Per dare un tocco magico in più a questo posto incredibile comincio a dare fiato alla mia voce superba e a pizzicare le corde metalliche del mio pregevole liuto! Parte una danza collettiva nella quale le gonne fluttuano con un ritmo armonioso che si intona con la mia musica! L’ammirazione è tanta che vango portato all’uscita in trionfo!
Ho ancora un’ora di tempo… Bene, è l’ora di dedicarmi ad una delle mie attività preferite: fare leva sui pettegolezzi degli autoctoni per avere più informazioni possibili! E’ cruciale sapere una cosa: quell’individuo lurido, dal facile turpiloquio, con il sigaro perennemente tra le labbra, che va sotto il nome di Brody Bomb (che poco stile…) si è mai lavato in vita sua?? No, per Olidammara, mai!! Per tutti gli animali marini, mi tocca condividere il mio fedele pubblico di ammiratori con un uomo, se tale può essere definito, con la reputazione di non aver mai conosciuto il sapone! Dovrò parlarne con Long John, il contratto di lavoro va ridefinito!
All’ora stabilita esercito il mio indiscutibile fascino alle guardie allertate mentre escono dall’armeria del porto in seguito ad un’immane esplosione!! Siedono composti intorno a me e ascoltano con trepidazione la mia storia sull’origine delle nacchere di granchio che porto sempre con me! Poi giunge il momento di scappare e raggiungere la nave che sta salpando! Con incredibile gioco degno di un maestro acrobata riesco ad afferrare al volo la corda lanciatami con un balzo fenomenale!! Ricevo gli applausi della ciurma!! Dopo tutto mi chiamano Eddie la Lince!

nota del master. Il abrdo è rovinosamente caduto in acuq facendosi una figura di merda di dimensioni epiche, sfioranti l'eresia.. :P

lunedì 6 dicembre 2010

The Saint.. Torvald

Ricordo ormai poco della mia infanzia, se escludo il forte interesse e la spiccata curiosità nell’assistere la professione di mio padre. Per me era un luminoso astro nel firmamento delle persone a me care e un appiglio a cui aggrapparmi quando rischiavo di cadere. Aiutarlo mentre preparava gli ingredienti per i suoi unguenti mi faceva sentire utile e vicino a lui e alla comunità del villaggio. Forniva anche accoglienza ai viandanti e agli avventurieri di passaggio che necessitavano di cure per le proprie ferite e per la malaria contratta nelle paludi circostanti. Ogni volta che gli porgevo dei petali di valeriana o delle foglie di maggiorana ricambiava il gesto con un sorriso e strofinandomi i capelli! Ancora mi mancano le sue lezioni… E’ strano come una persona così speciale sia scomparsa così all’improvviso: una semplice caduta da cavallo. Mia madre era disperata e a lungo cercò di sopprimere il dolore, fino al giorno in cui ebbe un grave malore e lasciò me e i miei fratelli e sorelle tutti soli. Da quel momento decisi che era venuto il momento di trovare la mia strada, ma cercando di seguire le orme paterne.
Trascorsi l’intera adolescenza spostandomi di villaggio in villaggio cercando di guadagnare qualche soldo offrendo servizi di erborista. Un giorno conobbi Mia: suo zio soffriva di forti dolori alle ossa e cercai di procurargli sollievo con degli infusi di erbe speciali che conservavo per i malati più particolari. Il successo nell’impresa mi procurò l’attenzione della nipote, alla quale chiesi di sposarmi appena quattro settimane dopo. Fu il periodo più bello della mia vita!
Il bene è in perenne lotta contro il male e ciò che c’è di malvagio al mondo sa come colpire ciò che c’è di buono nel profondo…
Un giorno i goblin attaccarono il villaggio e uccisero buona parte degli abitanti. Mentre quegli esseri immondi si dirigevano verso la casa dove mia moglie dormiva beatamente, io mi trovavo nei boschi adiacenti per raccogliere alcuni ingredienti. Quando sentii le urla disumane era ormai troppo tardi… Trovai Mia morente sul prato dietro alla mia bottega: respirava a malapena e cercava di bisbigliarmi qualcosa! L’unica frase che riuscii a distinguere nettamente fu “Ti amo Torv-…” e poi il silenzio. Corsi a prendere tutto quello che poteva servire per salvarla, ma invano. Come ho potuto lasciarla morire? Come hanno potuto farle del male? Queste domande affollarono la mia mente in modo ossessivo per almeno tre mesi e mi portarono a seguire i segni di distruzione lasciati da quell’ammasso di bestie assetate di sangue fino al giorno in cui riuscii raggiungerli.
“E’ giunta la mia fine!” pensai quando una sentinella goblin avvicinò la lama del suo coltello ricurvo alla mia gola. “Un movimento repentino e anch’io me ne sarò andato…” E sarebbe stato così se non fossi stato salvato da un quadrello che trafisse il cranio della bestia. Dall’oscurità sbucò una figura umana dai riflessi lucenti, ero ancora spaventato ma sentivo che si trattava di un benefattore! “Il mio nome è Bjorn, cosa c’è su questa terra di tanto forte da spingerti a gettare la vita nelle mani di un mostro?” mi chiese. Gli spiegai la mia sete di vendetta e lo scarso valore che attribuivo alla mia esistenza dopo la perdita di Mia. “Credi che sia proprio questo ciò che lei avrebbe desiderato? Ci sono diversi modi per riportare la luce dove le tenebre inghiottono gli innocenti. In te avverto confusione e rabbia, ma anche volontà e bontà d’animo. Lascia che ti mostri la via che il dio Pelor ha da offrirti!”
Fu l’incoraggiamento e il sostegno di Bjorn a condurmi alla mia nuova vocazione. Intrapresi il cammino che la Chiesa di Pelor mi offriva. Imparai a migliorare le mie arti di guarigione attraverso la forza della fede, ad incanalare l’energia vitale che scorreva in me per trasmetterla al prossimo. Sentivo lo spirito di mio padre di nuovo vicino a me! La via della saggezza e della conoscenza mi hanno reso un uomo migliore. Bjorn mi insegnò come far emergere ciò che c’è di buono nell’uomo attraverso le sue gesta. Un maestro esemplare!
Dopo 5 anni di formazione e addestramento decisi che era ora di andare all’avventura per conto mio, il compito di Bjorn era ormai esaurito ed era ora che approfondissi il mio legame con lo spirito di Pelor, il dio Sole! Non passava giorno senza che sentissi crescere in me l’armonia con il tutto. Bjorn lo notò presto e mi diede l’addio lasciandomi in regalo l’armatura e la mazza del Sole. Da allora non ho desiderato possedere altro! Chissà cosa ne è di lui, un paio di anni dopo venni a sapere dalla Chiesa che era partito per nuovi orizzonti e che non si avevano più notizie da mesi. Forse Pelor l’ha ricompensato concedendogli uno spazio accanto a sé… Lo spero con tutto me stesso.
Da 10 anni non conosco più fissa dimora, i focolai che ho a disposizione sono tanti e sparsi ovunque: sono i giacigli dove prego, i letti dove curo i feriti dopo scontri feroci, gli altari dei Tempi dove risplende il disco del Sole!
Ultimamente ho sentito voci di strani accadimenti nei dintorni della cittadina di Ballem… Le letture mi mettono in guardia, forse l’intera regione è in pericolo. Devo capire cosa succede al più presto! Possa Pelor assistermi in questa nuova missione!

domenica 5 dicembre 2010

E alla fine arriva polly.. Ehm.. AARON!! !!!

AARON! 38!

Il Goeh’yama è la montagna che sovrasta il nostro villaggio. Viviamo di caccia, raccolta dei frutti del bosco e della Madre Terra. Se siamo all’altezza della Natura sopravviviamo, se siamo deboli e impreparati, soccombiamo. E’ così da sempre, e sempre lo sarà. Mi chiamo Aron Aaruned Steyl Goaehin’il: il mio nome completo, lo dico molto raramente, indica il Clan d’appartenenza, la mia famiglia e il soprannome. Significa: Il roccioso d’acciaio, scolpito nella roccia, all’ombra del grande Goaeh. La montagna ci ha dato forza: quelli della mia tribù hanno una fisico possente e resistente come la montagna stessa, ma allo stesso tempo flessibile, come i tronchi degli alberi più grandi, che crescono sui suoi fianchi: neanche le tempeste più forti li spezzano per la loro flessibilità, per la loro capacità di piegarsi al vento senza mai arrendersi del tutto ad esso. Non siamo druidi, sia chiaro, ma rispettiamo la Natura perché sappiamo che da lei proviene tutto, e a lei si torna una volta morti. Noi siamo combattenti, se necessario ci lanciamo in combattimento senza mai arrenderci, non abbiamo paura di niente e di nessuno, abbandoniamo il campo o quando gli avversari sono tutti sconfitti, o quando sono fuggiti. Inoltre la mia famiglia fu la prima a combattere con le armi di metallo, fatto che ci dà grande orgoglio. Mi chiamo Aron, sono il primogenito di una delle famiglie più importanti della mia tribù: non è la famiglia S’heyf (capoclan), ma siamo tenuti in grande considerazione per la nostra forza nell’agire e saggezza nel decidere. Appartengo ad un clan di nomadi che batte l'altopiano al di la` del Goeh'yama, giusto sui confini dei territori druidici di Doun'vik, il fatto che la mia famiglia non sia capotribù ha permesso la creazione di legami di collaborazione molto validi con i drudi. Il mio compito è quello di tenere collegati, portando informazioni, l’altopiano e il bosco. Nel bosco c’è il suo guardiano, il saggio Cal, un mio grande amico. Lui sì che è un druido, lo si vede per il rapporto che ha con la Natura, è come se essa fosse in lui ed egli in essa, continuamente..
Ho 23 anni, sono il più forte della mia famiglia e probabilmente anche del mio clan, per questo so che il mio compito è quello di proteggere la montagna e i suoi boschi, la Natura e il suo equilibrio. Sono uno spirito libero, non devo rendere conto di niente a nessuno, è la Natura che mi giudica e che mi guida, devo rispetto alla mia famiglia, al mio clan e al saggio Cal, il druido con cui collaboro quando ci sono da scacciare i problemi, nei modi più o meno violenti che sono da applicare. Odio le regole, le leggi inutili che gli uomini creano per darsi inutili norme per comportarsi, odio chi non rispetta la Natura e chi combatte usando trucchi: là la mia rabbia è massima, là non ho alcuna pietà dell’avversario.
Posseggo il mio spadone, la mia arma preferita, il mio pugnale e il mio arco, che uso per lo più per cacciare. Nel mio zaino c’è il necessario per sopravvivere in montagna e nei miei viaggi.

giovedì 2 dicembre 2010

The Return of last Hero.. Dentch

DENTCH

Sono nato in un villaggio sperduto in mezzo alla foresta nella Grande Valle, a tre giorni di cammino dalle pendici del Goeth. La mia famiglia viveva come le altre famiglie del nostro villaggio, cibandosi di ciò che dava la foresta, cacciagione e frutti selvatici. Avevamo i nostri orti che ci davano tutto quello che il bosco non poteva darci. Era usanza nel nostro gruppo che i ragazzi più svegli o più agili diventassero guardie del villaggio. Per questo motivi all'età di dieci anni i meritevoli venivano allontanati dalle proprie case per andare ad addestrarsi nella foresta, dai nostri Maestri Silenti.
Quelli che avevano una spiccata predilezione per l'isolamento o per le forze della natura, quelli che gioivano nella tormenta e sotto la pioggia venivano mandati dai più saggi e anziani dei maestri. che li istruivano nella arti magiche. Quando questi ritornavano al villaggio erano come trasformati, silenziosi e potenti, spesso accompagnati da lupi o orsi, che sembravano essere loro amici.
Per tutti gli altri si prospettava una carriera meno nobile e istruita: potevano diventare i migliori cacciatori del villaggio, pronti sempre a colpire nell'ombra i nemici che ci assalivano, a darci da mangiare in abbondanza e a vigilare le nostre frontiere. Questi ultimi erano esperti combattenti, avezzi alla vita selvaggia e all'isolamento, il loro stile di combattimento era variegato e cangiante: quelli che erano forti e possenti si gettavano nella mischia con due lame nelle mani, senza altra protezione che una leggera armatura di pelle, pronti a far vorticare le loro lame in un tripudio di colori e vortici di morte. Quelli invece che preferivano una buona vista piuttosto che un braccio forte abbracciavano le molteplici tecniche del tiro da lontano, eccellendo nel tiro con l'arco. I migliori nostri combattenti usavano scendere in battaglia lanciando con un colpo solo fino a quattro frecce. Erano talmente veloci che l'occhio riusciva a fatica a seguire i loro movimenti.
I ragazzi della mia età che furono allontanati dalla famiglia per addestrarsi erano in cinque. Due di loro, tra cui una giovane, del quale ero profondamente innamorato, si allontanarono nel bosco per intraprendere il lungo viaggio che avrebbe insegnato loro le tecniche della magia, il controllo delle bestie e l'amore per la foresta. Degli altri tre, due erano gemelli, miei vicini di casa, con una lunga chioma rossa che li contraddistingueva da tutti gli altri, poiché erano gli unici ad avere i capelli di quel colore. Il terzo ero io.
Noi ci addentrammo nel bosco, per inseguire i nostri maestri, che avrebbero fatto di noi dei potenti guerrieri. Una volta raggiunti, dopo una marcia estenuante di due giorni, cominciò il nostro addestramento a seguire le tracce, a diventare un tutt'uno con la foresta, a lottare a mani nude con lupi e orsi. Spesso lottavamo tra noi, armati solamente di bastoni, pronti ad affrontarci come se ne andasse della nostra stessa vita. Con i nostri maestri imparammo il rispetto per tutto quello che è naturale, per il fuoco e l'acqua, per il vento, la pioggia e la neve.
Ogni tanto ci incontravamo con i nostri due compagni che ci avevano lasciati per differenziare i lori studi. Questi cambiavano man mano che il tempo passava: i loro occhi si facevano sempre più profondi, come due pozzi bui nei quali si riflettono le stelle e parlavano per enigmi e tranelli. Noi eravamo consci dei loro poteri latenti, ma non ci spaventavano: eravamo tutti votati alla protezione del nostro territorio, al bosco e alla natura. L'unica cosa che ci differenziava era il modo in cui esprimevamo la nostra dedizione alla causa.
Il mio rapporto con Evelin procedeva piano piano, complice la distanza che ci separava. Eravamo entrambi innamorati l'uno dell'altro e man mano che crescevamo i nostri sentimenti maturavano e le nostre esigenze crescevano. Spesso lei riusciva a convincere gli uccelli a recapitarmi dei messaggi d'amore, ai quali rispondevo pieno d'ardore e passione.
Almeno due volte l'anno tornavamo a casa, per vedere i nostri parenti e le nostre famiglie crescere e invecchiare. I miei fratelli o erano diventati valenti artigiani o abili cacciatori. Le mie sorelle cominciavano a crescere e a ridere dietro gli uomini, istupidite dai loro muscoli.
All'età di 17 anni, dopo sette lunghi anni di addestramento, la nostra istruzione si poteva considerare completa: eravamo abili, forti e giovani, chi ci poteva fermare?
Tornammo tutti e cinque al villaggio, io e Evelin mano nella mano, pronti a chiedere ai nostri genitori che benedissero la nostra unione. Purtroppo a tre chilometri dal villaggio trovammo delle tracce strane per terra: sembrava che una ventina di persone, pesantemente armate avesse attraversato la foresta, in direzione del nostro villaggio. Dalla forma delle orme e dalla loro profondità pensammo che appartenessero a un gruppo misto di uomini e orchi, una delle tantte bande di briganti e tagliagole che affliggevano la regione.
Corremmo al villaggio, chi a piedi chi a dorso di lupo, ma le tracce non lasciavano dubbi: i briganti erano diretti nelle nostre case. A circa un chilometro dal villaggio sentimmo un forte odore di fumo, di fuoco. Una volta giunti nella radura che ospitava le nostre case scoprimmo la tragedia che ci aveva colpiti: tutte le case bruciate, tutti gli animali scappati, tutti i nostri cari uccisi. Non trovammo nulla di vivo, le nostre famiglie erano distrutte, la nostra cultura a pezzi, i nostri cuori rubati o infranti.
L'odio ci travolse. Decidemmo, nell'impeto della gioventù, di attaccare il gruppo di briganti che aveva tanto osato contro di noi. Seguimmo le loro tracce per tre giorni interi prima di arrivare al loro accampamento, senza mangiare ne bere, spinti solamente dall'odio e dalla vendetta. Li ci fermammo, al di fuori del loro accampamento.
Cercammo di trovare un piano d'azione che potesse darci un piccolo margine di vantaggio. Noi eravamo pochi, ma combattevamo nel nostro bosco, nelle nostre colline, per vendicare la nostra famiglia. Certo, potevamo dirigerci al Goeth, dove avremmo sicuramente ottenuto l'aiuto delle potenti tribù barbare della montagna, oppure potevamo spingerci a sud, dove avremmo trovato gli elfi, nemici giurati degli orchi. Ma questa era una cosa che dovevano fare da soli, dovevamo vendicare le nostre famiglie senza l'aiuto di nessuno, a costo di morire.
Guardai Evelin per quella che poteva essere l'ultima volta: in uno sguardo cercai di concentrare tutto il mie amore per lei, tutto quello che non ero mai riuscito a dirle, tutta la mia passione e la mia promessa di portarla fuori da li, costi quel che costi. Lei mi guardò con la stessa intensità, la mano destra immersa nel folto pelo del suo lupo, che guardava l'orizzonte, conscio del pericolo che stavamo correndo. Anche lui era come noi, un predatore a caccia, pronto a sbranare la preda, a uccidere quelli che avano fatto del male a Evelin, al nostro villaggio.
Io mi appostai in cima a un albero, con il mio fedele arco a portata di mano. Vedevo i miei amici appostarsi nella foresta sottostante, sfoderando spade e pugnali, evocando antichi poteri e nodosi bastoni, digrignando denti e zanne. Al segnale convenuto avrei dovuto uccidere un uomo nell'accampamento, facendoli cadere nel panico.
Visto che era quasi il tramonto, tutti i briganti erano riuniti attorno al fuoco, pronti a mangiare il cibo che ci avevano rubato. Incoccai non una, ma due frecce sul mio arco, pregai gli spiriti di guidare il mio occhio e presi la mira. Decisi di colpire il loro capo, un immondo orco alto più di due metri, il cui fetore arrivava fino a noi. Presi la mira a lungo e quando fui certo che non avrei mai sbagliato scoccai non due, ma quattro frecce in rapida successione, urlando a squarciagola il mio odio per loro.
Per abilità o fortuna tutte le mie frecce colpirono il bersaglio, infilandosi nel petto e nella gola della bestia, che cadde senza vita tra le fiamme del falò.
Subito dopo vidi Evelin lanciare delle sfere infuocate nell'accampamento, colpendo la faccia di due uomini, che si erano alzati con le spade in pugno.
Poi fu il finimondo: colpi su colpi, morsi zanne unghie e denti: il sangue scorreva copioso sulle spade e sui corpi. Dopo un tempo pari all'eternità la lotta giunse a un punto morto: da una parte i banditi, dimezzati dai nostri colpi. Dall'altra noi, rimasti in tre dopo la lotta: io, ancora appostato sull'albero, nascosto alla vista mentre seminavo la mia pioggia di morte, Evelin, bella come il sole e spettinata come un campo di grano, con a fianco il suo lupo, ansante e con il pelo irto. Al suo fianco Janie, un mio carissimo amico, armato di spada e pugnale, con una brutta ferita al braccio.
Dopo un attimo di pausa i banditi ci attaccarono con una furia mai vista, colpendo i miei compagni a terra tutti insieme, da vigliacchi. Ne uccisi tre prima che loro arrivassero all'impatto con la mia Evelin, ma successivamente la mischia era così feroce che non riuscivo a mirare asenza timore di colpire un mio compagno.
La scena si calmò nuovamente. A terra giacevano Janie e Evelin entrambi con il petto irto di lance. Evelin! Evelin! Era morta e mai più sarebbe tornata a sorridermi, mai più mi avrebbe detto ti amo, mai più mi avrebbe sussurrato in un orecchio! Addio ai suoi capelli d'oro, alle sue labbra carnose, al suo sorriso pieno di gioia. Me l'avevano rubata, rapita e distrutta e per questo dovevano pagare, dovevano morire e dovevo farlo io.
Scesi giù dall'albero e con una furia mai vista prima assaltai da solo i tre banditi rimasti, armato solamente della mio scimitarra. Dopo un tempo che mi parve molto breve loro giacevano morti sul campo di battaglia e io giacevo accanto a loro, con un enorme sfregio sulla faccia, che andava dalla tempia destra alla guancia sinistra, sfiorando l'occhio.
Giacqui li per un tempo indefinito, in bilico tra la vita e la morte, quando con la coda dell'occhio notai una figura sullo sfondo. Era il lupo di Evelin, fuggito dal dolore per la perdita della sua compagna, accompagnato da una grande figura ammantata di verde, che si muoveva senza lasciare traccia. Questa mi raccolse senza sforzo e li caddi nell'oblio.
Mi svegliai dopo tre giorni, tra gli elfi. Mi avevano salvato la vita. Grazie al cielo avevano sentito le grida della battaglia ed erano accorsi in nostro aiuto. Dei banditi non uno era sopravvissuto, ma il prezzo pagato era immenso. Del mio villaggio ero sopravvissuto soltanto io e il imo amore, Evelin era morta e non sarebbe mai ritornata.
Gli elfi provvidero a me per un certo periodo, poi quando mi ripresi completamente li salutai e lasciai il loro accampamento, con la lupa della mia amata al mio fianco, mia nuova compagna di avventure, a cui diedi il nome di Evelin. Con lei corsi per boschi e valli e divenni un implacabile cacciatore di banditi, uomini o orchi che fossero, pronto a difendere i villaggi della Valle dai loro soprusi.

mercoledì 1 dicembre 2010

Into the wind.. Ays

AYS: background ladro

Ays scappò di casa a 15 anni per vivere una vita avventurosa: con la sua famiglia, in quel lontano e sperduto paesino di campagna, i giorni non trascorrevano mai. E, soprattutto, Ays non aveva intenzione di diventare una semplice contadina come i suoi genitori, i suoi numerosi fratelli, i suoi zii, i suoi cugini, i suoi nonni, i suoi avi … Da sempre, fin da quando ne aveva memoria, sapeva che la sua esistenza non era legata a quei campi immensi e sconfinati, né alla sua terra natale: era votata, piuttosto, all'esplorazione di mondi lontani e all'incontro con creature diverse e inconoscibili per un paesano qualunque. Era rivolta a sfide inimmaginabili, come, per esempio, furti, inseguimenti, scontri. Nemmeno crescendo la vivacità che l'aveva contraddistinta e resa diversa dagli altri fin da piccola si era attenuata, anzi: Ays era ogni giorno più inquieta e i litigi con i suoi genitori si erano fatti sempre più frequenti.
Le dicerie sul suo conto in paese rimbombavano dalle taverne alla sera al mercato alla mattina e nessuno aveva più dubbi in merito: Ays era una ladra. La sua ingegnosità nel preparare trabocchetti, la sua capacità di ottenere informazioni segrete dagli altri, la sua felicità nel superare trappole e aggirare ostacoli, la sua maestria nell'evitare pericoli già nei giochi con gli altri bambini nei boschi vicini, lo sguardo furtivo, il passo felpato, i movimenti rapidi e silenziosi … Tutte queste caratteristiche, tipiche dei ladri, parevano annunciare a gran voce il suo futuro. Le chiacchiere, però, davano fastidio ad Ays, così come i continui rimproveri dei genitori e dei fratelli più grandi sul fatto che non svolgesse mai i suoi doveri in casa e fosse sempre in giro a disturbare la quiete pubblica. E fu così che il giorno del suo quindicesimo compleanno, in quella ventosa mattina autunnale, prima del canto del gallo, Ays sparì dal paese senza dire una parola e senza voltarsi indietro: nessuno le sarebbe mancato. Aveva imparato già da tempo ad arrangiarsi da sola e a non fare affidamento sui suoi simili, soprattutto quando questi, per redimere il suo carattere indomabile, l'avevano promessa in sposa ad un vecchio carpentiere del villaggio vicino. La rabbia per l'ingiustizia che stava subendo si era tuttavia affievolita per lasciare spazio all'astuzia, all'intelligenza e alla calma per elaborare un piano alternativo. Non c'era stato molto tempo per pianificare tutto nei dettagli: nel suo zaino di cuoio, oltre a qualche provvista e alle solite corde, arnesi da scasso e rampini, che aveva imparato ad utilizzare ancor prima di cominciare a parlare, Ays aveva nascosto un vecchio manganello trovato in cantina e buona parte del denaro e dei risparmi che suo padre teneva nascosto sotto ai palchetti di legno in cucina per la dote del suo matrimonio. Dopodiché, infagottata in alcuni vestiti rubati ai suoi fratelli maggiori e avvolta in un mantello per mascherarsi meglio, la ragazza era corsa nelle stalle e si era appropriata senza tanti complimenti del cavallo più veloce della fattoria: il sole non era ancora sorto del tutto che Ays aveva già attraversato come una scheggia tutti i villaggi della zona e si era inoltrata su per le colline, tra i boschi. La cartina che era riuscita a procurarsi non era delle migliori e il percorso non era per niente agevole: ma, per il momento, poco importava. Era fondamentale, infatti, far perdere le sue tracce per sempre e mettere in quelle prime ore di fuga più chilometri possibili tra lei e il paese. Se fosse stato necessario, avrebbe cambiato addirittura nome e si sarebbe spacciata per un uomo.
Ays non seppe mai dire per quanti giorni cavalcò e viaggiò ininterrottamente, evitando vie conosciute e prediligendo foreste e strade cadute in disuso: le ore che si concedeva di riposo erano poche e, anche in quei momenti, dormiva male e il suo sonno era agitato. Non alloggiò mai in locande, né si fermò a parlare con nessuno, se non per comprare del cibo. Si arrestò soltanto quando capì di essere giunta in una città davvero lontana da casa sua: monti, laghi, fiumi, boschi e pianure erano ormai un ricordo del passato. Ora, c'era il mare a dominare il paesaggio, con la spiaggia, il porto, le barche di pescatori e sordide vie in cui aleggiava puzza di pesce. Ays rallentò il cavallo e iniziò a vagare per la città, che si faceva sempre più grande man mano che proseguiva: l'idioma parlato non le era familiare, ma questo non la tirò giù di morale. Vedeva gente che indossava abiti lussuosi e che passeggiava per i viali alberati, paladini nelle loro armature sfavillanti, bellissime dame dalle acconciature sublimi, bambini ben educati che giocavano nei giardini con le biglie. A quanto pareva, artigiani, falegnami, pescatori, tessitori e operai vivevano nella parte bassa della città e quella parte in cui si trovava lei era sicuramente la zona più ricca: tra i tetti delle case affrescate si scorgevano quelle che dovevano essere le guglie di una castello gotico. Ays avrebbe potuto essere scambiata per una di quelle ragazze con quei bellissimi abiti arancioni e rossi se non fosse stato per il suo mantello, i suoi stivali e i suoi indumenti da viaggio, cose per le quali era ora additata da tutti i passanti: timorose, le donne si misero in disparte per lasciarla passare e gli uomini la guardarono con occhi spalancati, senza capire cosa ci facesse un viandante malconcio e ricoperto di polvere da quelle parti su un cavallo nero come la notte. Ays fiutò il pericolo e decise di cambiare strada il più presto possibile, ma il gruppo di paladini le si stava già avvicinando con aria indagatrice, le mani di alcuni già poste sulle else delle loro spade nel fodero. La ragazza notò subito i fili d'oro che drappeggiavano i loro mantelli e le pietre che adornavano le loro armi e si chiese se mai sarebbe riuscita a diventare abile come un cavaliere nel combattimento e ad essere finalmente rispettata e non denigrata per ciò che era.
L'incontro con il suo futuro maestro fu quanto mai rapido e improvviso: Ays quasi non si accorse di esser trascinata giù dal suo destriero e di esser condotta per vie improvvisamente buie e oscure da una presenza al suo fianco, che sembrava sollevarsi dal terreno dalla velocità con cui correva. Per lo spostamento d'aria e il vortice d'immagini confuse e sovrapposte che le si parò davanti (i ricchi signori prima, i vicoli pieni di gatti randagi poi), Ays perse conoscenza. Si risvegliò in una stanzetta in cui la luce filtrava poco e male, disturbata dal cigolio di una lama su una mola e da alcune voci ovattate in qualche camera lontana. Si stupì nel vedere accanto a lei l'uomo che l'aveva portata via dalla strada e dal suo cavallo, ma si sorprese ancora di più nel sentire che parlava la sua stessa lingua. Per un attimo, ebbe il timore di essere caduta nelle mani di un segugio sguinzagliatole dietro da suo padre e cercò istintivamente il suo zaino. Si tranquillizzò soltanto quando le venne spiegato di trovarsi nel covo della segreta gilda dei ladri e di esser stata salvata dalle grinfie dei paladini solo perché quell'uomo, quel ladro, si trovava nelle vicinanze e aveva riconosciuto nel suo sguardo una scintilla che contraddistingueva tutti i suoi colleghi. Una volta sentita la sua storia, le propose di restare nella gilda dei ladri per essere addestrata e per diventare la sua allieva: guarda caso, a lui serviva proprio qualcuno agile e abile come lei che gli coprisse le spalle, una sorta di guardia che aveva il compito di imparare i segreti del mestiere. C'erano molti altri giovani allievi nei sotterranei dell'associazione che seguivano i loro maestri ladri restando nel covo, o accompagnandoli nelle loro missioni. Le venne spiegato che la gilda era un'organizzazione di cui i cittadini e i signori della città non dovevano essere a conoscenza, sebbene sospettassero dell'esistenza di una “scuola” e di un circolo di ladri. Trovandosi senza alternative, Ays accettò e, ben presto, grazie agli allenamenti e alle commissioni che il maestro le affidava, di volta in volta più rischiose e complesse, divenne una dei migliori apprendisti ladri: il suo addestramento, in ogni caso, aveva luogo in città e nei dintorni; non si svolse mai in terre selvagge, in quanto il maestro era a conoscenza del fatto che Ays fosse in fuga e si stesse nascondendo dalla sua gente. In ogni caso, il maestro era convinto del fatto che quella ragazza senza, apparentemente, un briciolo di paura, fosse ormai in grado di difendersi e di volatilizzarsi in un batter d'occhio, se si fosse trovata in difficoltà: ma, come tutti gli insegnanti, si guardava bene dal dirglielo. Nel corso dei tre anni e mezzo in cui Ays imparò e fece esperienza sul campo, il maestro si affezionò alla sua protetta e capì di aver fatto la cosa giusta il giorno in cui l'aveva tolta dalle grinfie dei paladini e dei cavalieri: all'epoca, la giovane era sì predisposta a diventare una ladra, ma, se fosse caduta nelle mani dei paladini, questi l'avrebbero ricondotta subito a casa, senza farsela scappare, una volta scoperta la verità.
Ora, Ays era cresciuta e, anche se la sua costituzione fisica minuta non lo dava a vedere, era diventata una donna a tutti gli effetti e si preparava ad essere accolta ufficialmente nella gilda dei ladri, un passaggio fondamentale e decisivo per il suo futuro. Oltre ad aver messo da parte pezzo per pezzo nel corso di quegli anni l'equipaggiamento iniziale e ad aver dimostrato obbedienza a rispetto al maestro, Ays non credeva in nessun dio e non seguiva alcun ideale: la sua volontà di andare avanti era governata semplicemente dall'opportunità. Ma la giovane ladra non era l'unica ad essere opportunista: difatti, quando al maestro si presentò l'occasione di imbarcarsi in un'avventura che gli avrebbe fruttato molti guadagni, non rifiutò di certo e partì per sempre, dimenticandosi di Ays, del suo addestramento, di quegli anni, della sua prossima promozione a ladra a tutti gli effetti. Se avesse potuto, Ays l'avrebbe seguito e sarebbe andata con lui: la sua partenza repentina pochi giorni prima della cerimonia, così importante per lei, le spezzò il cuore. Il maestro non era soltanto una figura paterna per lei, né un semplice insegnante: nel corso del tempo, il sentimento di ammirazione e di stima che Ays provava per lui fin dal primo giorno si era trasformato. Le bastava restare accanto a lui come compagna di viaggio per essere davvero felice, non pensava a nulla di più. Invece, il maestro se n'era andato senza di lei, l'aveva abbandonata e lasciata a se stessa.
Quel brusco distacco fu troppo per Ays: si sentì tradita e presa in giro per il tempo trascorso lì, in quella che aveva imparato a chiamare casa, tra gente come lei. Affiorò nuovamente e con una forza sconosciuta quella rabbia che l'aveva fatta fuggire dal suo paese, abbandonando tutto: Ays non ci pensò due volte e, sapendo di non aver bisogno di far parte di un gruppo di ladri per esser protetta e per sentirsi qualcuno, tagliò la corda con il suo equipaggiamento di base e i suoi pochi averi la notte prima del grande evento. Per non farsi riconoscere, si tagliò i lunghissimi capelli corvini, che aveva sempre sfoggiato orgogliosamente, dando così al suo volto appuntito tutta un'altra espressione. Con i capelli così corti e scompigliati e gli occhi neri che saettavano inquieti al minimo cigolio alle sue spalle, Ays era irriconoscibile per i membri della corporazione. Non era necessario essere vincolati alle leggi e alle regole della gilda dei ladri, con i loro rituali, i loro dei, le loro usanze: quella setta le stava stretta e le aveva dato tutto ciò che poteva dare ad uno spirito libero e indipendente come il suo. Se fosse rimasta, la gilda l'avrebbe avvelenata e lei sarebbe morta ancor prima di cominciare a vivere.
Non bisognava fermarsi, però, e questa volta non stava fuggendo da un branco di villani sempliciotti: aveva dei ladri alle calcagna, che le avrebbero dato la caccia finché non l'avrebbero trovata. E le conseguenze, a quel punto, sarebbero state le peggiori: Ays aveva udito rabbrividendo le grida che giungevano dalle segrete dalle bocche dei traditori torturati a morte.
Dopo quell'episodio, Ays aveva perso definitivamente la fiducia nei suoi simili, in particolare ladri, e aveva ben chiaro cosa fare della sua vita: c'erano tanti gruppi di avventurieri, ne avrebbe trovato uno e sarebbe partita con dei nuovi compagni per nuove missioni. Di nuovo in fuga, ancora una volta protagonista delle corse attraverso boschi, grotte, gallerie in vulcani spenti: presto sarebbe arrivata al punto di partenza.

martedì 30 novembre 2010

Memories of Home- Part I: Cal'nj

Data la quasi fine del nostro cammino e dato che NESSUNO e sottolineo NESSUNO ha fatto l'ultimo Pov (malissimo, la prossima campagna sarà stramegaipersuperobbligatorio!!!) inizio con la pubblicazione dei Bg.

Inizio con alcuni stralci di quello di Mk ;)

Al bambino, quando nacque, venne affidato un nome altisonante, per chi ne sapesse leggere l'origine: "luce dalla montagna" potrebbe essere il suo significato secondo la stessa antica lingua che da` il nome Goeh'yama al monte che sovrasta il villaggio di Doun'vik.
Nella regione di Doun, nel "vik" ovvero il suo villaggio piu` grande, nacque questo bambino nella prima ora del primo giorno di sole dopo 5 settimane di bufere di ghiaccio e neve. Era l'inverno piu` rigido che mai memoria d'uomo ricordasse, e in quella terra la gente gode di grande robustezza e saluta non da poco. Era l'alba ed inaspettatamente un sole intenso illumino` il versante opposto al Goeh'yama, sbucando dal grande crepaccio che spacca verticalmente il fiacco meridionale della grande montagna. Non appena la stanza si scaldo` ai raggi lasciati entrare attraverso le piccole finestre liberate dalla neve e private delle pesanti tende, la madre dono` la sua vita a questo piccolo figlio dei boschi.
Sul pavimento, sulle pelli e tra le coperte in cui poco prima la donna attendeva languendo e gemendo, giaceva da solo un piccolo frugoletto, ricoperto di sangue, terra e foglie gia` secche.
Cosi` nascono i figli dei druidi, sebbene questo in particolare possedesse ancora un padre, un uomo del villaggio, che fino all'ultimo suo respiro amo` la donna di cui non conobbe mai l'eta` ma con cui condivise amore, felicita` e un unico figlio. Non si stupi` quando tra le sue dita i capelli che fino ad un istante prima stava accarezzando divennero come sottili felci, appassirono e poi si tramutarono in polvere quando il bambino emise il suo primo vagito.
Commosso, triste e felice, puli` suo figlio con le sue stesse lacrime, mise due delle foglie secche tra le sue braccine ed i gracili fianchi e lo accosto` alla grande lupa distesa poco piu` in la` sul pavimento, accanto all'unico figlio che anche lei quello stesso giorno diede alla luce. Infine, chiamo` i due neonati secondo gli insegnamenti che la sua compagna aveva condiviso con lui: "luce dalla montagna" e "giovane lupo".
Caljyama Doun'Hik. Solitamente lo chiamano Cal'nj Hik, il saggio Cal della valle, ma piu` spesso Cal'manj, il folle Cal.
Nel dialetto della valle, si apostrofa -letteralmente- ogni persona con la sua caratteristica piu` spiccata, in Caliyama la sua saggezza ('nj) o la sua assenza ('manj) quantunque lo si voglia deridere o insultare.
Ma era indubbia la conoscenza che il giovane figlio di druida possedeva in merito a piante, arbusti, bacche, cicli solari e lunari, tempo atmosferico, crescita vegetale ed animale, corsi d'acqua e durezza del ghiaccio, compattezza della neve, resistenza delle rocce, solidita` di una caverna, eta` degli alberi e degli arbusti, fecondita` della terra, purezza del limo e nutrimento delle ceneri, tutto ereditato da suo padre, ma secondo una tradizione di gran lunga piu` antica.
Furono dei Bugbear infuriati ad ucciderne l'unico genitore: un gruppo di pazzi dalla citta` piu` a sud intendevano finanche spaccare la grande montagna pur di ricavarne il massimo quantitativo di mithril possibile, operazione a cui il villaggio ovviamente si opponeva. Fu cosi` che i "cittadini" incitarono molte tribu` di bugbear a rivoltarsi contro il vik ed usurparne il controllo delle miniere; inoltre non sicuri dell'affidabilita` per queste deviate creature, pagarono anche dei mercenari i quali pensarono bene di portarsi dietro qualche coboldo e qualche goblin.
Cio` che avvenne in quei giorni concitati viene ricordato negli annali custoditi nella "sala pubblica" della biblioteca dal vecchio Doqeon, mastro del villaggio, come "le notti degli artigli e delle frecce": il villaggio venne attaccato per 10 notti consecutive, sfruttando la stanchezza della popolazione, la vista fine dei bugbear, la mira dei coboldi e lo sprezzo per la vita dei mercenari. Durante il tramonto prima della settima notte, la capanna di Cal e suo padre situata molto al di fuori dall'abitato, venne raggiunta da una delle bestiali tribu`; l'uomo si stava ancora preparando per scendere verso il villaggio e fu sopraffatto dall'arrivo prematuro dei nemici. Lotto`, eccome se lotto`. Ed ebbe pure la meglio sui due esploratori, ma nonostante il suo temperamento ed il suo desiderio per la vita, non raggiunse mai piu` vivio il villaggio.
Tre giorni dopo torno` suo figlio, l'ancora giovane Caliyama, con assieme il piu` strano esercito che il villaggio avrebbe mai potuto pensare: i fulmini dal cielo rischiararono quell'ultima notte come il giorno della sua nascita e il suolo stesso sembrava animato tanti erano i serpenti, gli scoiattoli, i topi e le creature piu` piccole custodite dall'abbraccio della madre terra a rivoltarsi contro gli usurpatori. Uccelli di ogni dimensione afferravano in volo le frecce e strappavano di mano gli archi ai goblin. Fu una notte gloriosa e col soffio del brezza dell'alba ogni traccia della battaglia e dei nemici svani` tra gli alberi e le fratture delle rocce.
Il giorno che nacque poco dopo fu di cordoglio: le tombe furono scavate, gli amici ed i parenti uccisi adagiati al loro interno ed infine seppelliti della chiara terra di Doun.
Caliyama non era nel paese in quel momento. Era molto piu` in alto, oltre la sua capanna depredata, ai piedi di una rupe, con le mani lacere e sporche della terra che col suo fratello lupo aveva scavato per seppellire suo padre. Due ultime lacrime caddero sul viso dilaniato dell'uomo prima di coprirlo del tutto. Lo affido` alla comune genetrice e sorrise malinconicamente mentre lo vide finalmente assieme alla sua amata compagna morta tanti anni prima.
Tutti conoscevano Uyon'su, il giovane lupo di Caliyama.
Tutti conoscevano Caliyama.
Ma tutti ignoravano cosa avvenne nei giorni prima della "battaglia di terra e luce".
Il giovane Caliyama cerco` l'aiuto dagli uomini, che glielo rifiutarono, e dal bosco. Furono i druidi stessi a farsi trovare la sesta notte dopo la sua partenza, il volto triste ma gli occhi gioiosi. Gli raccontarono subito come la morte sia la ricchezza piu` grande della terra, la nascita la sua piu` possente arma. Il giovane ragazzo decifro` intimamente quelle parole e grosse lacrime gli inondarono gli occhi, gli rigarono le guance e gli bagnarono le mani.
Fu allora che partecipo` al primo rito: la morte e la nascita... di un fiore, che s'allungo` sinuoso dal terreno e sboccio` in pochi batter di ciglia, una corolla scura come gli occhi di un uomo di Doun, ed i petali chiari ed increspati come la pelle di un adulto che ha sempre vissuto tra le montagne. Stringendo le mani di due creature vestite di foglie e corteccia, fu accolto nella cerchia dell'ordine druidico di Doun ed inizio` a parteciparne dei segreti.

Volle, pero`, vivere sempre nella capanna dove nacque e vicino a dove seppelli` suo padre. Mai solo, sempre assieme al suo fratello, un giovane lupo eppure della sua stessa eta`. Si prese cura per anni della vallata, della montagna e delle popolazioni che vivevano o che passavano per quella terra.
Scopri` molte cose al di la` della grande montagna, oltrepassato il passo di Goeh, negli altopiani freddi e ruvidi dove orgogliosi clan di uomini e nani si mettevano da generazioni a dura prova con l'asperita` delle rocce.

Salvo` un'altra volta Doun'vik dalla morte piu` completa, quella che consuma ogni essere vivente dall'interno, risucchiandone e disperdendone la vita.
È acqua lo spirto,
Vena angusto greto,
La carne come Argento.
Morte ardente è l’empio intento.
La "morte ardente" colpi` e quasi consumo` il villaggio in un paio di settimane se i druidi non avessero mandato Cal'nj e un selezionato gruppo di avventurieri a trovarne e debellarne l'origine.
Tutto avvenne verso la fine di un inverno tre anni prima, quando le giornate diventano luminose e l'aria fredda asciuga ogni cosa e ti secca le labbra in un baleno: stregoni, cadaveri rianimati, animali deformi e deturpati ed una voce ... stridula, innaturale, come sangue spremuto tra le crepe di una roccia, come vita compressa e sgretolata dalla pressione di una sorgente. Tre grosse cicatrici sul braccio sinistro sono tutto cio` che ora rimane di quella storia; le miniere furono bonificate e riaperte; il villaggio curato e ristabilito.
Ma poi, il suo nome ancora una da Cal'nj torno` a diventare sempre piu` spesso Cal'manj, ed il folle Caliyama ricomincio` a vivere in disparte, a curare le sue piante ed i suoi animali, a condividere il freddo e la sete col suo fratello lupo.

lunedì 22 novembre 2010

BG Koos

KOOS

In gioventù il mio più grande desiderio è stato quello di seguire le orme di mio nonno. Lui era un potente guerriero, al servizio del Re, con terre, cavalli e ricchezze. Quel che più mi attirava della figura di mio nonno era la sua incrollabile volontà, il suo sprezzo del pericolo e la sua pietà nei confronti dei nemici catturati. Con lui il Regno prosperò e giunse la tanto agognata pace con le altre nazioni. L'ultima immagine che ho di mio nonno è lui, ormai anziano, ma ancora con una gran voglia di lottare per i suoi ideali in groppa al suo destriero che andava a fronteggiare le orde di goblin che avevano invaso il paese dal nord. Purtroppo, un po' per l'età, un po' per la Sorte, non ritornò mai dalla spedizione. I suoi compagni d'arma lo videro distintamente cadere circondato da quelle orrende bestie.
Provarono la notte a recuperare il corpo del loro condottiero, ma furono scoperti e costretti alla fuga, proprio quando stavano per riprendere la salma. L'unica cosa che sono riusciti a recuperare dall'accampamento (che Heironeous li benedica) fu la sua armatura, una splendida corazza di piastre con sbalzato sopra l'effigie della nostra divinità, il Sommo Heironeous, che sempre sia lodato.
La spada di famiglia, tramandata da generazioni, forgiata dai nani per i miei antenati fu smarrita, probabilmente depredata dai goblin sopravvissuti. Prego giorno e notte Heironeous perché esaudisca la mia preghiera, aiutandomi a recuperare quella sacra lama. La spada avava inciso sopra il nome del mastro forgiatore che l'aveva creata dal puro acciaio, Furgon, mentre sul pomolo stava la saetta di Heironeous, come monito per i nemici del bene.
All'epoca di questi avvenimenti erano passate dieci primavere sopra la mia testa. A quel tempo era giunto il momento di decidere il mio futuro. Fedele alla tradizione di famiglia, fui accolto a braccia aperte nei ranghi dei Cavalieri del Regno, il potente organismo devoto alla salvezza dei nostri sommi ideali. Nelle caserme dove avrei vissuto gran parte della mia fanciullezza c'erano una gran accozzaglia di individui, di ogni tipo e posizione sociale: c'erano i rampolli della migliore nobiltà, sempre schivi e silenziosi, solerti a combattere e a difendere l'onore della loro famiglia, i figli del popolo, gran lavoratori, sempre pronti a accogliere con canti di gioia la buona riuscita di un'impresa del loro eroe e infine c'eravamo noi, figli di cavalieri e di boiardi, ben consci che il nostro ricordo sarebbe sopravvissuto solo se le nostre imprese fossero state degne di lode.
Inoltre per ogni individuo c'era un comportamento: ubriaconi, avidi, giocatori d'azzardo, ma anche solerti fedeli, pii e umili. Tutte le sfaccettature della nostra società erano presenti nella piazza d'armi, pronti a difendere con le parole e con la spada i loro ideali.
Tra questi c'era una categoria a parte di combattenti: quasi emanavano luce propria, tanto erano splendenti. Erano tutti pesantemente corazzati, portavano elaborati scudi e armi lucenti. Non ve n'era uno che non fosse bello come una divinità. Si facevano chiamare Crociati.
La loro missione su questa terra, dicevano, era quella di seguire il bene e di portarlo ovunque fosse stato necessario, sia con la lama che con la voce. Erano soliti parlare prima di agire, con una parola buona per tutti, sempre pronti a difendere i più deboli o gli oppressi. Non ne ho mai visto uno ubriaco o sotto l'effetto di qualche droga, era sempre irreprensibili, ma giusti e non si curavano mai del loro profitto, pur di far valere la loro morale sopra tutto.
Gran parte di loro riverivano Heironeous, il dio del Valore. Erano sempre pronti a sobbarcarsi una cerca o a difendere qualche popolazione oppressa: implacabili con i nemici, non li ho mai visti però negare la grazia a un malvivente pentito.
In loro c'era qualche goccia di potere divino, poiché le loro capacità in combattimento erano ben oltre di quelle di un semplice guerriero. Avevano la capacità di curare un alleato ferito semplicemente toccandolo, non li ho mai visti ammalati o soffrenti a causa di un epidemia e in loro era insito un innato potere taumaturgico, per il quale potevano guarire e curare un malato da qualsiasi tipo di malattia, magica o naturale.
Quasi tutti avevano un cavallo o una bestia da soma: tale animale sembrava sempre più intelligente tra i suoi pari ed era dotato inoltre di alcuni poteri innati che nelle leggende sono attribuibili solamente agli angeli o ai protettori dei cieli.
Inutile dirlo: erano come mio nonno da giovane ed io me ne innamorai.
Una volta preso coraggio mi avvicinai a loro e chiesi se potevo entrare anche io in quell'ordine così splendente e munifico. Purtroppo anche la gentilezza infrange i sogni. Mi dissero, in maniera molto garbata, che non si poteva “entrare” nell'ordine, ma bisognava essere chiamati dalla divinità, che solo Heironeous in persona poteva conferire o risvegliare la vocazione in un individuo per farlo divenire come loro.
Purtroppo ne uscii devastato. Passai mesi a piangere sulla mia cattiva Sorte. Divenni svogliato e stanco, mangiavo a malapena, non parlavo mai. Il maestro cavaliere era sinceramente preoccupato del mio destino e un giorno venne a parlarmi. Mi ricordo ancora distintamente le sue parole:

“Senti Koos, la vita è troppo breve per essere buttata via su sogni infranti. Devi riscuoterti dal tuo torpore, prendere la Sorte per le corna e sconfiggerla. Solamente se deciderai di fare della tua vita ciò che TU vuoi essa ti sorriderà, altrimenti verrai solamente sommerso dagli eventi e il tuo nome sarà presto dimenticato.”

Ovviamente aveva ragione. Passai altre cinque primavere a rafforzarmi nel corpo e nello spirito, pregando ogni giorno affinché l'Invincibile Heironeous decidesse di annoverarmi tra i suoi eletti.
Finalmente, dopo una notte di preghiera ricevetti la Chiamata!
Mi accasciai esausto sopra l'altare e per sbaglio mi assopii. In sogno mi apparve un essere dorato, dotato di ali, che suonava una tromba d'oro puro. Al suo seguito una folta schiera celeste e nel mezzo Lui, Heironeous, che mi sorrideva e mi tendeva la sua mano. Poi, con voce roboante, disse:

“Koos!!!!! Io sono Heironeous, l'Invincibile! Ti ho osservato a lungo, notando i tuoi progressi nella fede, la tua incrollabile fiducia nel prossimo e il tuo ardore nella lotta per sconfiggere le forze del male. Ora ti chiamo tra le mie schiere, per servirmi e proteggere chiunque chieda il tuo aiuto. Da me rinascerai, pronto a sconfiggere il male e le sue tentazioni. Da me riceverai protezione e potere, per meglio adempiere al tuo luminoso destino! Destati Koos e vai a compiere le meraviglie per cui sei stato predestinato!”

La mia gioia il mattino seguente era indescrivibile. Corsi per tutto il complesso e la piazza d'armi saltando e gridando a squarciagola. Corsi dai Crociati, annunziando loro la mia visione! Erano li, tutti riuniti ad aspettarmi. Sulle loro facce si leggeva solo stupore, meraviglia e somma gioia. Mi spiegarono che Heironeous era apparso in sogno anche a loro, annunciando l'arrivo di un fanciullo, destinato a essere grande. Tale ragazzo sarebbe arrivato con grande strepito, portando gioia nei cuori.
Mi vestirono con candide vesti, mi diedero una nuova spada e rincominciarono il mio addestramento dalla base: le arti marziali erano molto sviluppate in me e non occorrevano di altre rifiniture. Mi istruivano nella fede e nei dogmi dell'Invincibile, con la speranza che essi mi sarebbero stati utili per un domani.
Ero raggiante. Mai come ora mi sentivo così completo e soddisfatto, ero nei miei giorni migliori: la mia vocazione al bene, unita alla dedizione che riuscivo a mettere nelle cose mi portavano al di là del normale essere umano: ero semplicemente straordinario.
Passarono così altre cinque primavere sopra la mia testa. Mi ero fatto un bell'uomo: alto, biondo e con uno sguardo incrollabile, pronto a reggere le sorti del bene nelle mie mani. Le poche volte che la mia famiglia veniva in visita alla fortezza erano per me motivo di grande gioia. Mio padre mi esortava a continuare la mia vocazione, di essere irreprensibile e saldo nella fede, mia madre vedeva in me i connotati di suo suocero, che tanto l'avevano colpita in gioventù.
Raggiunte le venti primavere ricevetti il congedo dalla fortezza: il Re in persona venne a darci il saluto, passando davanti a noi perfettamente schierati: quale esempio di forza e di incorruttibilità eravamo.
La cerimonia che però più mi ha colpito è avvenuta nel tempio di Heironeous, dove il mio grande maestro, nonché capo dell'ordine mi congedò, affidandomi la mia prima cerca, il mio primo dovere nei confronti dell'Unico. Avrei potuto comunque ritornare nella fortezza ogni qual volta avessi avuto bisogno di un aiuto o di un consiglio, sia materiale che spirituale. Il maestro mi disse:

“Va. Che l'Unico ti porti sotto le sue ali e che tu non possa mai avere timore delle sfide che dovrai compiere. Arduo sarà il tuo cammino e difficile la strada che hai intrapreso, ma non ho dubbi che l'Invincibile abbia fatto una saggia scelta nell'accoglierti nelle sue schiere. I suoi disegni sono imperscrutabili, ma sono sicuro che ovunque lui abbia voglia di dirigerti tu darai sempre il meglio di te, mostrando a tutti la tua fede e il tuo incrollabile coraggio.”

Con me portai solamente le mie vesti, l'armatura di mio nonno che ho indosso tuttora, il suo scudo e i sacri simboli di Heironeous. Nel mio zaino c'era solamente il necessario per sopravvivere per poche settimane e l'equipaggiamento da alchimista che mi ricordava i dolci momenti giovanili.
Abbandonai la fanciullezza e entrai nel mondo da adulto, da Crociato, pronto a portare la luce del bene ovunque fosse necessario, pronto a estirpare il male in tutte le sue forme.

domenica 21 novembre 2010

sessione X pov torvald

E’ un momento difficile per me, ma ricco di opportunità. Nelle ultime vicende ho messo a nudo una parte di me stesso che ancora non conoscevo bene, nonostante i numerosi inverni trascorsi dopo la mia umile nascita. I limiti che credevo di aver superato dopo lunghi addestramenti ed esperienze mi hanno posto davanti a nuove responsabilità. Dopo numerose preghiere e riflessioni ho capito che mi trovo appena a metà del cammino che mi attende, che devo trovare nuove risorse in me stesso per portare avanti un compito al di sopra delle normali aspettative. Solo così potrò rendere onore al titolo di cui Pelor mi ha investito e portare giustizia e bene tra i fedeli. Porterò avanti questo ragionamento più possibile nei prossimi giorni, così forse riuscirò a raggiungere il livello di consapevolezza che cerco!

“Zefiro d’Oriente”, questa scritta non mi è nuova, anzi mi trasmette familiarità e sollievo sapere che qui mi incontrerò nuovamente con la compagnia d’avventura a cui appartengo. Noto che tutti avvertono la mia stessa mancanza: la Dama Bianca non c’è più e senza di Lei si avverte un vuoto dentro… Le risposte sono da cercare nel castello del Conte! Prima occorre far luce su altri fatti concomitanti… Aggirandoci per le vie deserte della città, una figura dall’aspetto insolito spicca il volo e atterrà sul tetto di un’abitazione. Poco dopo ci attacca con delle frecce! Empia creatura che non conosce la Luce di tutto ciò hce è animato su questa Terra! Purtroppo sono lento ad estrarre la balestra, ma Koos trova ispirazione in Heironeous e riesce a colpirlo. Intanto Aaron dà libero sfogo alla sua indole barbarica e si arrampica lungo le pareti che lo dividono dal nostro nemico. Vedo la lotta selvaggia tra i due, Aaron perde l’equilibrio, Pelor assistilo: la sua anima è pura e sotto la giusta guida può essere fautore di opere di Bene degne del Tuo nome!! Lascia che lo affianchi ancora!! Le mie preghiere sono esaudite: Aaron cadendo afferra la bestia e la fa schiantare al suolo sotto il suo peso!! Trionfante si erge sul corpo esanime e ne separa la testa dal collo come trofeo! In realtà non approvo molto che turbi l’anima del caduto e dia tanto spettacolo di sé, ma se Pelor l’ha salvato avrà previsto anche questo!

Più tardi una freccia mi sfiora il volto: per poco non mi colpisce mortalmente! Aaron e Koos credono per un momento che sia stato io, ma presto capiscono che siamo nuovamente attaccati. Per più volte vengo sfiorato dalle frecce, mi nascondo dietro ad una porta e cerco di individuare il bersaglio. Con me c’è Ays, ma non riesce nemmeno lei a individuare gli aggressori! Solo i servi dell’oscurità possono colpire senza farsi vedere… Ad un certo punto due frecce mi colpiscono in pieno petto, vengo sopraffatto dal dolore e non mi è possibile fare molto in aiuto agli altri. Aaron e Koos ci raggiungono: la minaccia è svanita. Sono molto debilitato… Vengo riaccompagnato alla locanda “Zefiro d’Oriente”. Qui ritroviamo Sarav, il quale condivide un’informazione: siamo stati attaccati da una gilda di assassini, la Gilda del Velo Oscuro. Dopo ore passate ai tavoli riesco a trovare la concentrazione e incanalo l’energia che scorre in me per riportare in piena salute me e i miei compagni prima della nottata.

Durante la notte i miei sogni si colorano di tinte oscure, voci e urla disperate rendono il mio sogno inquieto, vedo di fronte a me un portale…
Al risveglio ci rendiamo conto di aver avuto tutti lo stesso presagio…

Ci dirigiamo verso il castello. Una gran folla si è raccolta all’ingresso: il Conte sta per parlare! Il suo discorso mi infastidisce, ha proibito la fiera, l’uso delle armi e il culto delle divinità del Bene! Ha dichiarati i miei servigi illegali e pericolosi per la comunità cittadina!! Per la Luce di Pelor, questa è blasfemia!! Solo un tiranno può essere capace di tutto questo!! Ays nota che dietro al Conte si nasconde una figura dall’aria subdola. Serve infiltrarsi nel castello, intanto faccio uso del mantello donato da Koos per coprirmi. E’ dissacrante celare i simboli sacri della fede in Pelor, ma non vedo alternativa se non la morte certa. I nostri dialoghi vengono interrotti da frecce che cercano di colpirci. Ci sparpagliamo, cerco di riparo e poi mi guardo intorno alla ricerca degli assalitori. Perdo di vista i miei compagni. Individuo poi Aaron e Koos in un altro edificio e faccio cenno loro per capire se è prudente attraversare la strada. Ays vede qualcosa e Aaron scatta nella direzione del pericolo. Non gli manca il fegato a quel ragazzo!! Vedo l’assassino alla finestra che d’un tratto scompare, come smaterializzato…
Dopo poco tempo sento un boato incredibile… La terra trema, si solleva una gran nube di polvere, il mio cuore teme una terribile perdita. Già cerco di trattenermi dal versare una lacrima quando la mia anima si colma di gioia!! Aaron e Ays fanno ritorno incolumi!! Sono ricoperti da polvere di calcinaccio… Usciamo in strada: la fontana a lato della via è scaraventata poco più in là e la casa sull’altro lato non ha più un tetto che la protegga dalle intemperie!! Non serve farsi domande, mi basta un flash nella mia memoria: un cratere nel cortile di un monastero abbandonato… Non c’è dubbio: il barbaro ha abbattuto la copertura della casa per annientare il nemico!! Pelor mi ha dato un altro segno di fiducia nel ragazzo della montagna selvaggia!! Siano tessute le sue lodi!!
Mi preoccupo della salute dei miei compagni: Koos è visibilmente quello con la cera peggiore. Da un rapido esame capisco che è vittima di un avvelenamento da freccia da cui non posso liberarlo. Anche Aaron è ferito, ma sembra non curarsene, tuttavia è bene che resti in salute, ormai potremmo venire attaccati ad ogni angolo di questa città maledetta!

Raggiungiamo il Tempio del Lucente, dobbiamo cercare Folgrim e Marit, anche loro portatori di Luce come me! Una volta aperte le porte d’ingresso uno spettacolo raccapricciante mi colpisce come un dardo al cuore! Il Tempio è stato dissacrato, i simboli del mio Dio cancellati o alterati da mano sacrilega, un’alta colonna di fuoco si innalza dal centro della sala in modo minaccioso! Per le virtù di Pelor, come hanno potuto fare questo?? Devo vendicare tale scempio, poiché compiuto da chi è consapevole del proprio agire malefico. Koos ha un’aria disturbata, sente il Male che pervade l’ambiente una volta sacro!!
Dalle fiamme vediamo una figura potente e demoniaca accoglierci con odio e sete di sangue, due bestie infernali dall’aspetto canino corrono verso di noi per nutrirsi delle nostre carni!
L’offesa arrecatami da tale scempio mi dà però la forza per agire. Nuove responsabilità… Adesso mi è più chiaro quali! I miei poteri non possono rivaleggiare con quelli della figura al centro del Tempio, ma c’è chi può annientarlo con la sola forza brutale delle sue mani: Aaron! Sento che Pelor approva dall’alto e decido che è il momento di giocare la migliore carte nel mio mazzo!
Estraggo una pergamena e la legga focalizzando la mia attenzione su ogni singola parola. Il barbaro si trasforma: la sua altezza aumenta quasi a dismisura, l’eco dei suoi passi si fa più forte, la muscolatura si gonfia e si tende, le vene sporgono in modo evidente!! Aaron è più forte che mai e pronto a schiacciare il blasfemo!! Non curante si fa avvolgere dalle fiamme per sfoderare una potente serie di colpi!!
Intanto faccio un altro sforzo e faccio uso di un altro rotolo di pergamena per sollevare per qualche istante Koos dalla sua debolezza da avvelenamento! Questo gesto gli dà vigore e può così annientare uno dei segugi infernali! Intanto il blasfemo contrattacca e si rivela più intelligente del previsto: riesce a bloccare Aaron! Questa non ci voleva, gli effetti della mia lettura svaniranno dopo breve tempo! Non faccio a tempo a recitare alcuni versi che ho imparato la scorsa notte o ad estrarre una pozione acquistata al mercato magico che il nemico della Luce fa esplodere tutti gli oggetti di vetro e mi spossa il fisico rendendomi incapace di compiere ogni sorta di azione. Intanto i miei amici resistono e dopo qualche istante torno operativo. Aaron è ancora bloccato, mi concentro e riesco a spezzare le catene invisibili che lo costringono. C’è intesa tra noi in combattimento, per Pelor!!!! Un colpo decisivo e il profanatore è distrutto per sempre!!!

Aaron ritorna alle sue dimensioni usuali e mi guarda come se gli avessi fatto dono di una soddisfazione grandissima! Da parte mia sono felice di aver vendicato il nome di Pelor, sebbene non possa fare altro per ridonare splendore al Tempio.

Una voce si insinua nella mia testa. All’inizio non credo alla fondatezza delle affermazioni che mi giungono all’orecchio, ma poi sento la voce del mio vecchio Maestro Bjorn!! Il suo accento dell’ovest è inconfondibile, nessuna imitazione sarebbe così realistica, come avrà fatto a trovarmi? Ma non può essere che lui! Mi rivela che il paladino in realtà non è altro che un traditore, che è stato lui a ordire tutto questo!! Come ho potuto fidarmi di lui, ha danneggiato il Tempio e stretto un patto con il Dio rivale Hextor!! Non devo però far trasparire troppo questa mia informazione, meglio se mi allontano silenziosamente verso il luogo che Bjorn mi indica. Con me camminano Ays e Aaron. Aaron cammina più lentamente, lo perdo di vista, insieme ad Ays entro nella stanza a lato della sala. Forse Aaron ha deciso di punire Koos per il suo operato.

Si sente confusione nella sala, come di lotta. Ad un tratto la mia mente vede limpido! Per Pelor, sono stato vittima di un subdolo inganno!! Un dolore si fa largo nel mio animo: sento di aver perso un amico!! Raggiungo la sala, Aaron raccoglie il corpo esanime di Koos e lo lancia nel fuoco al centro. Le fiamme per un attimo diventano azzurre e il Tempio ritorna luminoso come un tempo! Il sacrificio di Koos ha riconsacrato l’altare di Pelor! Il barbaro mi mostra il cervello di Koos: devo proprio insegnargli che certi gesti possono essere interpretati male… Gli dico di gettare nelle fiamme anche l’ultima parte di Koos ancora integra su questa Terra! Poi mi piego in ginocchio e piango all’idea che abbia donato la vita per salvarci tutti! I miei pensieri vanno ai suoi cari: la sua morte non è stata vana!

venerdì 19 novembre 2010

Koos last pov

KOOS
Last point of wiew

Finalmente lo Zefiro d'Oriente. Dopo una lunga cavalcata abbiamo scortato al suo castello il nostro datore di lavoro e adesso siamo pronti a occuparci di cose ben più serie. Dobbiamo assolutamente entrare nel castello. Mentre ci dirigiamo al mercato, per saperne di più su delle intimidazioni che i mercanti hanno subito e per indagare sulla scomparsa del capo delle guardie, veniamo chiamati da una figura su un tetto.
Una strana creatura attira la nostra attenzione: è molto grande, non so come faccia il tetto a sorreggerla, armata di un lungo spadone e di una balestra. Sto per intavolare un discorso con lei, quando scocca il dardo e cerca di colpirci. La lotta si fa subito accesa, riesco a colpirla con la balestra prima che gli altri abbiano avuto il tempo di estrarre la loro arma e poi corro subito contro il muro. Intanto Aaron, che Heironeous lo benedica, lancia la corda sul tetto e con il mio aiuto si arrampica in cima alla tetto. Subito comincia una lotta furibonda, dove noi siamo inermi, costretti a guardare e a sperare che Aaron non cada di sotto. Dopo qualche attimo vediamo il nostro amico che barcolla e cade. All'improvviso abbraccia il mostro e se lo trascina dietro, girandolo nella caduta. Inutile dire che la bestia giace a terra, con il collo spezzato. Aaron sembra stare bene, non ha nulla che non va, solo qualche graffio che per lui sono normali, è abituato a ben altro il ragazzo. Prego Heironeous ogni giorno perché Aaron sia sempre più implacabile con i nemici del bene.
Decidiamo di andare a curarci dal guaritore che ci ha aiutati l'altra volta. Mentre ci dirigiamo verso la sua casa, una freccia mi colpisce: sembra quasi che l'abbia tirata Torvald! Mentre sto li a chiedergli del suo gesto, vedo distintamente due frecce che cadono sul gruppo. Una mi colpisce nuovamente alla spalla, mentre l'altra sfiora l'occhio a Torvald,
Ad un certo punto sento un braccio che mi scaraventa contro una porta aperta: è Aaron, che mi ha tratto in salvo da quella scarica mortale. Subito capisco che c'è qualcosa che non va: l'intera zona si fa molto cupa, come se un enorme oscurità latente abbia colpito l'intera città. Aaron copre la porta con una tavola e cerca di capire chi ha tirato questi dardi.
Purtroppo il nostro aggressore non si fa vedere e rimane ben nascosto: ad un certo punto Aaron prende una boccetta marrone dalla sua sacca e intinge una freccia. Si alza velocemente in piedi e scaglia il dardo. Sta per tirarne un altro quando si alza lentamente, guardandosi intorno con aria assorta. Mi fa cenno di uscire, che il pericolo è passato.
Chiamiamo gli altri, che si erano rifugiati in un'altra casa: Torvald è molto ferito e ha bisogno di urgenti cure. Decidiamo di correre allo Zefiro d'Oriente per riprenderci: alla locanda ci accolgono come eroi, ma rimangono sbigottiti dalle condizioni di Torvald. Aaron intanto si è messo in un angolo a parlare con Sarav, che di nuovo si è messo a suonare: li raggiungo e inizio a chiedere informazioni su cosa potrebbe averci attaccato: infatti sembra che gli attacchi siano avvenuti con una crudele organizzazione, come se facessero tutti capo ad un'unica persona. Sarav afferma che i sicari che hanno cercato di ucciderci fanno parte di una particolare gilda, votata al sangue e alla morte e che siamo stati molto fortunati a scampare a questo tranello.
Il giorno dopo ci alziamo presto. Sarav non c'è, se ne è andato all'alba, in cerca di nuove avventure.
Ad un certo punto gli araldi suonano le trombe in strada e la gente intorno ci dice che il conte terrà un discorso nella piazza antistante il castello. Forse è la nostra occasione per entrare nel castello o per lo meno per vedere il nostro avversario.
Una volta arrivati nella piazza subito mi appare il conte: non mi sembra che sia diverso da qualsiasi altro essere umano. Però a un esame più attento vedo che ha una malvagità intrinseca che non mi piace. Se veramente è questa l'indole del sovrano della città, bisogna estirparlo al più presto!
Il conte intanto procede con alcuni annunci, contro dei facinorosi che hanno disturbato la quiete della città: chiusura immediata della fiera, divieto di portare armi, obbligo per i cittadini di ricomporre la milizia, chiusura delle porte della città. Sembra quasi che il conte si stia preparando per un assedio o che voglia scatenare una guerra o qualche altra catastrofe.
Propongo di entrare a far parte della milizia, così da poter entrare nel castello con più facilità e continuare a portare armi.
Sarav, che intanto ci ha raggiunto, ce lo sconsiglia vivamente, ma non fa in tempo a dire una frase completa che veniamo subito attaccati da due lati. Subito ci sparpagliamo e corriamo al riparo. Vedo con la coda dell'occhio Aaron che corre in una direzione precisa, seguito a ruota libera da Ays. Torvald si rifugia dietro un angolo, cercando di vedere da che parte arrivano i micidiali dardi. Mi guardo intorno quando una freccia mi colpisce alla schiena. Subito mi sento molto debilitato, come se fossi appena uscito da una brutta malattia. Però capisco da che parte è arrivata la freccia. Corre in quella direzione, certo di aver visto la figura ammantata di nero che mi ha colpito. Mentre corro in quella direzione, sento un forte crollo alle mie spalle seguito da una folata di vento molto freddo. Senza badare a quello che è successo, corro contro il mio aggressore: la lotta si fa subito furibonda, senza esclusione di colpi. Ad un certo punto arriva Aaron che con un enorme fendente abbatte il nostro nemico. La strada è nuovamente silenziosa: le rovine fumanti di una casa svettano sullo sfondo, mentre gli altri ci raggiungono. Mi dicono che ha fatto tutto Aaron con un enorme fendente della sua lama. Continuo a stupirmi sempre di quello che il ragazzo sa fare.
Visto l'entità delle mie ferite, corriamo al tempio di Pelor, che nonostante sia stato chiuso, confidiamo che accolga ancora i guaritori necessari per curarmi, visto l'entità delle mie ferite.
Il tempio è strano: oltre a emanare malvagità da tutti i pori, vediamo una colonna di fuoco che svetta dal centro dell'altare. Al suo interno una figura vagamente demoniaca ci accoglie e ci attacca, accompagnato da quelli che sembrano cani infuocati.
Lo scontro si fa subito cruento e solamente grazie alla nostra abilità riusciamo a sopravvivere: io riesco con un gran fendente ad abbattere un cane, mentre per la creatura occorre tutta la violenza di Aaron per abbatterla.
Alla fine dello scontro ci guardiamo intorno: la sala è sempre nera,orrenda come la morte: la colonna di fuoco non accenna a scomparire. All'improvviso sentiamo una voce nelle nostre teste. Ci invoglia a essergli amica, a non fargli del male. E' ovvio che è un tranello, che è tutto un inganno per sviaci dalla nostra missione. Ma cosa? I miei compagni sono convinti delle affermazioni della voce, gli sono amici. Cerco disperatamente di convincerli: evoco nella mente di Aaron immagini della sua infanzia, gli spiego che Cal non lo avrebbe mai ubbidito a una voce incorporea, che suo padre non lo avrebbe mai fatto.
Intanto cerco di prendere Ays e di portarla fuori, ma purtroppo lei mi sfugge, riesce a divincolarsi e a uscire dal mio campo visivo. Allora occorrono decisioni drastiche: afferro Aaron e cerco di buttarlo a terra, per impedirgli di perdersi anche lui nella follia. Anche Torvald mi sembra spento: nonostante la voce appartenga alla stessa persona che ha distrutto il suo tempio, lui è convinto che sia stato io a compiere quello scempio.
Parlo con Aaron, di quanto siamo stati bene insieme, di quanto abbiamo combattuto io e lui, di quante volte lo ho curato da innumerevoli ferite.
Ad un certo punto lui mi afferra, sta per scagliarmi nella colonna di fuoco, quando infine rinsavisce!
Lo abbraccio e sfodero l'arma, pronto a combattere con le unghie e con i denti.
Sento subito una fortissima pressione alla testa, ma non riesco a parlare, sono come bloccato da delle braccia molto viscide e potenti. Ad un certo punto riesco a divincolarmi e a gridare a Aaron in che direzione deve colpire: purtroppo il nostro avversario è invisibile e molto forte e Aaron non riesce a colpirlo.
Con un disperato movimento del polso riesco a conficcargli il coltello nel fianco. Aaron attacca subito in quella direzione e mena un enorme fendente. Purtroppo la creatura non muore e continua a restare avvinghiata alla mia testa.
Cerco ancora di liberarmi, quando avverto un fortissimo dolore al collo e il buio mi avvolge.


-Ben fatto Koos.-
-Dove sono?-
-In pace, al mio fianco. Non ti basta?-
-Sono morto? Alla fine il male ha trionfato? Che ne sarà della città, ora che non ci sono per difenderla?-
-Il male non ha trionfato. Guarda tu stesso. Aaron ha scagliato il tuo corpo tra le fiamme e la tua essenza pura e priva di malizia ha purificato il tempio. Oggi hai fatto un grande favore alle forze del bene. Adesso vieni, dobbiamo andare.-
-Dove?-
-Voi umani, fate sempre troppe domande e mai al momento giusto. Fidati di me Koos, ti porterò da colui che hai sempre pregato, che hai sempre ammirato. Ti siederai al suo fianco, accanto a tuo nonno, per far parte del grande esercito della luce.-
-E poi?-
-Poi verrai rivestito di fulgore e la tua anima sarà finalmente in pace con tutto. Sei pronto Koos? Guarda ancora una volta i tuoi amici, guarda Torvald che piange la tua scomparsa, guarda Aaron che cerca di capire cosa è successo e Ays, nell'ombra, con il volto nascosto e privo di espressione. Ora li proteggerai meglio, come un vento benevolo che soffia al mattino, portando odore di mare e di avventure.-
-Andiamo.-