Spostati Nano di Merda!

Spostati Nano di Merda!

martedì 21 febbraio 2012

MAI PROVATO UN LIBROGAME???

Questo è un gioco e le regole sono le seguenti:

comincia a leggere il primo capitolo, e ogni volta che bisogna fare un tiro di dado (verrà segnalato), vai al capitolo corrispondente al tiro. Se il finale non ti soddisfa, puoi ricominciare da capo.

Tu impersoni Born, un ladro che è riuscito a seguire non visto i personaggi di questa avventura, notando tutto quello che han fatto, grazie anche alla fitta rete di spie che hai in città.

CAPITOLO 1:

La giornata è afosa, una delle più calde di questa pazza estate. Ti sei nascosto tra le rovine della fortezza, poiché hai sentito dei rumori, come di crolli, provenire dall’interno. La calma attorno a te è quasi opprimente, poiché non si muove una mosca. L’unico segnale che il tempo si sta muovendo inesorabilmente verso la Fine dei Giorni è la coda del tuo pony, che scodinzola infelice poco lontano, memore di campi erbosi e colline in fiore.

Pian piano percepisci dei movimenti all’interno della struttura, come di passi di un gruppo non molto grande di avventurieri. Finalmente, sono usciti, pensi tra te e te. Pian piano delle figure escono dal palazzo. Per primo un enorme gigante, rumoroso come una cascata dopo delle forti piogge. Porta con se un corpo, sgraziatamente scomposto dal riposo della morte. Noti a malapena le fattezze di quel che fu un guerriero, a giudicare dall’armatura, di grande bellezza. Subito dietro di lui esce un uomo, grande e anziano, con tutta la saggezza di una lunga vita dietro di se. La barba inizia ad essere screziata di bianco, ma il fisico è forte, possente, ed emana un’aura di grande potere. Incomincia subito a dare degli ordini, mentre il gigante comincia a scavare una fossa, nell’evidente tentativo di dare una degna sepoltura al loro compagno.

In disparte, quasi non vista, c’è una piccola Halfling, chiusa nel suo mantello, che guarda attorno a se con circospezione. Per fortuna che non può vedermi, pensi, mentre ti sistemi meglio la cappa che avvolge il tuo capo.

La cerimonia è breve, funzionale e toccante. L’anziano uomo si avvicina e mormora una preghiera di interdizione dal male, mentre il gigante ricopre la fossa con delle lastre di pietra trovate la attorno.

Il gruppo si allontana, verso la strada principale. Li segui silenziosamente, ma tanto sai già che non possono vederti ne sentirti. Loro stessi sono molto rumorosi, e coprono tutti i rumori del bosco. Il gruppo si ferma per la notte in una piccola capanna di contadini. Ti avvicini alla finestra e sbirci dentro. Trovi una scena abbastanza strana. Noti un piccolo gnomo, poco più alto dell’Halfling, che levita attorno al gruppo, con fare piuttosto indisponente, mentre i suoi occhi cambiano continuamente colore, passando dal rosso all’arancio, il viola e il verde bottiglia. I suoi capelli sono quasi un insulto alla quiete, poiché ondeggiano quasi con vita propria, cambiando colore così spesso che è difficile poter determinare quale sarebbe quello originale.

Lo gnomo si avvicina ai due guerrieri e, parlando senza sosta, gira attorno a loro, evidentemente eccitato dall’incontro. Lo vedi che alza distintamente il braccio, da cui parte una nuvola di fumo, che non sembra disturbare i due uomini. Poi la nuvola si dirada, e riesci ad intravedere un guizzo rosso sotto il colletto dello gnomo. TIRA UN DADO A 6 FACCE: SE FAI MENO DI 3, VAI AL CAPITOLO 2, SE FAI PIU’ DI 4, VAI AL CAPITOLO 3.

CAPITOLO 2: La conversazione all’interno sembra languire, tanto che lo gnomo incomincia a perdere i suoi poteri levitanti, ondeggiando senza sosta, senza trovare pace. Tutti alla fine fan silenzio e si ritirano nelle loro rispettive camere per poter dormire.

Ti corichi anche tu.

La mattina dopo, ti posizioni nel bosco attiguo, e ti nascondi nuovamente con grande perizia. Vedi il gruppo del giorno prima uscire dalla casupola, dopo essersi profusi in ringraziamenti nei confronti dei contadini. Noti che lo gnomo del giorno prima si trova su una panchina sotto la veranda della casa, e appena il gruppo si mette in cammino, questo si mette in testa, parlando senza sosta con l’anziano guerriero, che sembra sopportare a malapena il nuovo compagno di viaggio.

Arrivate velocemente alle porte della capitale, ed entrate, spinti dalla calca, senza suscitare molto clamore nelle guardie. Li segui a breve distanza e noti che lo gnomo, senza alcun riguardo, si è tranquillamente appollaiato sulla spalla del gigante, il quale non sembra risentire del peso aggiuntivo. L’anziano uomo lo guarda con disapprovazione, ma non dice niente.

La folla diventa sempre più grande, poiché è giorno di mercato, ma riesci agilmente a star dietro loro. Noti immediatamente che c’è qualcosa che non va: il gigante ha urtato per caso un uomo, o così sembrerebbe, di colore blu. I suoi capelli son violacei, mentre gli occhi variano il loro colore, passando dal rosso al giallo e viceversa. Il gigante si scusa immediatamente, mentre lo gnomo si spaventa, e si aggrappa alla testa del suo supporto, urlando qualcosa sul fatto che è blu.

La strana creatura si spolvera le vesti, senza nessun imbarazzo. Sembra accettare le scuse del gigante, ignorando contemporaneamente lo gnomo. In quel momento dalla sua bocca prorompe una lingua strana, fatta di sibili e grugniti: il lampo rosso che hai visto la sera prima si rivela di nuovo, correndo su e giù per la manica dello gnomo, che, con altrettanti sibili cerca di quietarlo. Ad un certo punto il lampo passa di mano, andando ad avvolgersi attorno all’umanoide. Questo scatena l’inferno:

lo gnomo salta addosso alla creatura, avvolgendolo alla testa e tirandogli pugni con quelle sue piccole mani, mentre il lampo rosso torna a nascondersi nella manica del suo proprietario. La creatura cade a terra, nella polvere, gridando aiuto e altre parole molto strane, che non riesci a capire.

Nel mentre sopraggiungono le guardie, e, dopo un breve ciacolio, accompagnano lo gnomo e la creatura in cella. TIRA UN DADO A 6 FACCE: SE FAI MENO DI 3, VAI AL CAPITOLO 4, SE FAI PIU’ DI 4, VAI AL CAPITOLO 5.

CAPITOLO 3: il gigante si infastidisce, lo noti immediatamente dallo sguardo che lancia al maestro. Noti che sgancia l’attaccatura del martello che si porta alle spalle, e vedi a malapena il guizzo del suo braccio.

Il martello vola alto nella stanza, guidato da una forza sovrumana. Una macchia scura, fatta da sangue e frattaglie varie sostituisce lo gnomo, mentre le pareti si imbrattano di una sostanza che solitamente si trova all’interno del corpo. Come direbbe tua nonna: le sue interiora sono diventate le sue esteriora.

LO GNOMO E’ MORTO, SE PREFERISCI, SCEGLI UN ALTRO PERCORSO.

BUONA LETTURA!

CAPITOLO 4: Il gruppo procede avanti nel mercato, privi dello gnomo e di quel strano essere. Li sembra prendere strade diverse, poiché l’anziano uomo di dirige verso un tempio visibile in lontananza, mentre il gigante sembra accompagnare la piccola Halfling verso una tenda posta dall’altra parte della piazza. Decidi di seguire la strana coppia.

Nella tenda c’è molto rumore, ma non ti sembra di vedere i normali traffici del mercato. Qui tutti sono vestiti con i loro abiti migliori, mentre le voci sembrano tutte ripetere la stessa cosa: il proprietario della bottega e sua moglie sono stati uccisi, avvelenati pochi giorni prima. Nel retro della bottega si stanno svolgendo le esequie. Da lontano vedi la piccola Halfling che entra nella parte della bottega dove si trovano i corpi, seguita poco dopo dal guerriero. Questo, dopo poco tempo se ne va, squotendo la testa, mentre la giovane lo guarda, un po’ delusa e con il volto bagnato da un’unica lacrima. TIRA UN DADO A 6 FACCE: SE FAI MENO DI 3, VAI AL CAPITOLO 6, SE FAI PIU’ DI 4, VAI AL CAPITOLO 7.

CAPITOLO 5: La strana coppia viene sbattuta in cella, uno vicino all’altro. Vedi lo gnomo che comincia subito ad alzarsi da terra, ricoprendo di domande la strana creatura, che non risponde, stando rintanata in un angolo. Ad un certo punto vedi che lo gnomo tende la mano all’essere, come per presentarsi, ostentando allegria e vitalità. La creatura non è di quell’avviso, e si rintana più a fondo nella cella.

Come per incanto, dalle mani dello gnomo parte una ragnatela, che avvolge strettamente la creatura, che si mette a gridare, con gli occhi rossi e dilatati. Lo gnomo riesce a stringergli la mano. Decidi di avvicinarti un po’ e riesci a sentire questo pezzo di dialogo:

G: quindi? Da parte di mamma o di papà? Chi era quello che sputava fuoco, aveva le ali e mangiava interi villaggi??

C: lasciami! Liberami!

G: posso dirti un segreto?

C: prima liberami!

G: No! Prima dimmi che il segreto che sto per dirti non lo rivelerai a nessuno! E’ importantissimo!! Giura! Giura!

C: va bene, lo giuro sulla testa di Kerr…

G: (abbassando la voce) io non posso liberarti…

Le grida si fanno sempre più alte, tanto di svegliare un ubriacone li vicino. Questo si mette a gridare qualcosa, biascicando parole inarticolate, con le labbra rosse spaccate dal troppo vino. Lo gnomo lo guarda con curiosità, si avvicina all’ubriacone e alza un braccio. Improvvisamente uno sbuffo parte dalla manica e l’ubriacone cade a terra, profondamente addormentato.

Questo sembra rasserenare la creatura, che si tranquillizza. Dopo un po’ i legacci che lo tengono prigioniero sembrano dissolversi, mentre i due si mettono a parlare con quella strana lingua, piena di schiocchi, sibili e grugniti, mentre il lampo rosso corre da una parte all’altra della stanza, senza fermarsi.

Così passa la notte. La mattina dopo si fa attendere nella noia e nell’indolenzia. I due strani personaggi han continuato a parlare con quella strana lingua, e tu hai perso il filo, addormentandoti a notte inoltrata. Appena ti svegli vedi il gigante della sera prima che va verso di loro, accompagnato da una guardia, che li libera con un poderoso giro di chiave. Lo gnomo, appena prima di andar via, da un calcio all’ubriacone, facendolo svegliare per la prima volta dopo svariate ore. VAI AL CAPITOLO 8.

CAPITOLO 6: La giovane Halfling si scrolla la lacrima e si allontana dalla piazza. La vedi dirigersi verso un edificio, abitato da un noto alchimista. Dalla finestra la vedi discutere con il proprietario della bottega, che di colpo assume un far assai deferente, abbondando di inchini la sua parlata. Vedi la giovane che nasconde una piccola lettera, passare dell’oro al proprietario della bottega e continuare a parlare. Il gestore, un Halfling anche lui, si mette la casacca, impugna una piccola spada, e si pone davanti la giovane, scortandola verso il palazzo reale.

Alle porte del palazzo vedi il piccolo gruppo venir fermato dalle guardie della cittadella, che bloccan loro il passo. Dopo una breve discussione, la coppia di Halfling si allontana, mormorando maledizioni nel loro linguaggio tipico. La giovane si rinchiude nella locanda e per un po’ di tempo non riesci a vederla.

Ti affacci ad una finestra e vedi la piccola che porta un vassoio ricco di portate di cibo verso un altro Halfling, vestito di nero, che cortesemente rifiuta il cibo, allontanandosi verso un'altra sala. La giovane la segue e tu li perdi nuovamente di vista.

Entri nella locanda, e senza neanche guardare il proprietario che ti addocchia, entri nella sala dove li hai visti sparire. La stanza è vuota, ma una finestra lasciata aperta non lascia dubbi su dove possono esser andati. Fai per uscire dalla finestra, per entrare in un piccolo vicolo, pieno di carri e imballaggi, quando una piccola saetta argentea ti supera. Vedi la giovane Halfling barcollare, mettersi in ginocchio e svenire, mentre attorno a lei le gambe della gente alta sembrano ricoprirla. VAI AL CAPITOLO 9.

CAPITOLO 7: il guerriero gigante si dirige verso il quartiere magico, entrando in varie botteghe, chiedendo di incantatori e osservando la merce esposta. Dopo un paio d’ore passate in questo modo, lo vedi entrare in una locanda, sedersi al tavolo e cominciare a parlare con gli avventori del posto, vecchi carrettieri e mercanti che han chiuso il negozio per la notte. Al calar del solo il giovane paga la cena e si corica nei piani superiori, pronto a passare una buona notte di sonno. VAI AL CAPITOLO 5.

CAPITOLO 8: il trio esce dalla prigione e si avvia verso il tempio di Heironeous. Noti che lo gnomo cerca di arrampicarsi di nuovo in groppa al guerriero, ma questo lo pone a terra, borbottando qualcosa sull’onore dei paladini. Lo gnomo allora si avvicina all’altro componente, e gli da una pacca sulla spalla. Non appena il gigante fa per girare un angolo, dalle mani dello gnomo partono di nuovo dei filamenti, che cercano di avvolgere il guerriero, con l’unico risultato di sporcare una vasta area attorno a lui. Questi si arrabbia e gridando afferra per la vita lo gnomo, alzandolo oltre i 2 metri da terra. La piccola creatura sembra ridere e afferra la mano del gigante, grande come lui. Toccandolo rapidamente con i suoi pugnetti. Il gigante sembra emettere una strana luce, alzandosi di statura abbellendosi alla vista della gente li intorno.

Giunti al tempio, noti il gigante parlare con l’anziano uomo, mentre lo gnomo e il suo compagno si mettono a correre e saltare più in alto che riescono. Ad un certo punto si mettono a saltare oltre il gigante, fino a che lo gnomo non inciampa contro un sasso e va a sbattere contro l’elsa del martello. Di punto in bianco si mette a gridare, levitando attorno alla vita del gigante.

Entrano nel tempio e tu non riesci a seguirli. Improvvisamente senti un tuono, provenire dall’interno, e la risata di scherno dello gnomo di colpo smette, mentre delle guardie portano lo gnomo e l’umanoide fuori dal complesso. Qui lo gnomo si mette a saltare, alzando i pugnetti al cielo, mentre il suo compagno schiocca la lingua con fare minaccioso. Di colpo esce il gigante, e dopo una breve discussione, fatta con lo gnomo che salta e si agita più che mai, indicando vari oggetti, il gruppo si muove verso la cerchia esterna e le campagne circostanti. VAI AL CAPITOLO 10.

CAPITOLO 9: la giovane si risveglia dopo un intera giornata di sonno. I suoi servi l’hanno accompagnata nella locanda, e tu riesci a vedere quello che fa grazie ad un piccolo foro nel tetto. La giovane si dibatte, in preda a forti crampi allo stomaco, mentre il sole è già alto nel cielo e i mercanti cominciano ad aprire le botteghe. Vedi che a poco a poco la giovane si alza e si mette a preparare quello che sembra un fantoccio. Evidentemente non vuole far sapere al mondo che si è alzata e che è ancora operativa. La vedi rivoltare il letto, esponendo la paglia che fa da materasso, allontanarsi, guardare la sua opera e sistemare la paglia, mentre il sudore le imperla la fronte. Si allontana per ammirare la sua opera. Non è soddisfatta, questo è evidente: la vedi che sbuffa, pesta i piedi, ma alla fine sembra aver trovato la soluzione.

La vedi che si toglie la casacca e la camicia, lasciando esposta la pelle bianca. Noti che si leva il reggiseno, e lo sistema sulla paglia rivoltata. Si riveste in fretta e guarda la sua opera. Evidentemente soddisfatta va a chiamare un servitore, di nome Finn. Riesci a tendere l’orecchio, e senti questo dialogo:

C: Finn, devo darti delle commissioni. Vai al mercato, e di che la Principessa porta le sue condoglianze a tutto il clan. Di loro che sono a letto, bloccata a causa di un attentato, e che i miei uomini sono alla ricerca dell’assissino e del mio aggressore. Anzi, voglio un tuo parere: che te ne pare del mio camuffamento?

F: Milady, è solo un pagliericcio rivoltato. Se voleva fare uno scherzo al giovane Finn, ci è riuscita molto bene. Se vuole che non si sappia che lei è già in piedi, sono disposto a darle una mano a sistemare il suo ingegnoso tranello.

C: come vuoi, Finn, aiutami!

Vedi distintamente Finn che si avvicina, rimboccando meglio le coperte. Si allontana, guardando la giovane con sospetto. Lei si avvicina al letto, apre un po’ le coperte che ha sistemato il suo servo e si allontana. Il lavoro non le piace, squote la testa con una piccola smorfia. Si avvicina e si sistema dietro il letto. Afferra il suo reggiseno posato all’altezza del petto e lo gira, mettendolo sottosopra. Congeda Finn e dice tra se e se:

C: Perfetto, questa si che è ben fatta!

QUESTA PARTE E’ FINITA. SE NON TI E’ PIACIUTA LA STORIA, TI CONVIENE TENTARE UN’ALTRA STRADA! BUONA LETTURA.

CAPITOLO 10: hai seguito fuori città il trio, che si sta avvicinando verso un villaggio della campagna limitrofa. Stanno procedendo speditamente, con la coppia formata dallo gnomo e dall’umanoide che saltano oltre la testa del gigante, più attento al mondo che gli sta attorno. Tutto ad un tratto, appaiono in una nuvola di zolfo 2 enormi esseri volanti, armati di unghie e emettendo lampi luminosi dalle pupille. L’essere con la pelle blu viene rapidamente ghermito e portato in alto da una di queste creature, mentre il gigante si mette a duellare rapidamente con la seconda. Lo gnomo, dopo aver percorso qualche passo indietro, lancia un piccolo dardo contro l’essere che ha afferrato la creatura blu. Questo sembra perdere un po’ del suo infernale splendore, mentre la povera preda da lui ghermita gli tocca un artiglio. Subito il diavolo si accascia a terra, riuscendo a malapena a camminare. Dopo una serie di colpi molto brevi dello gnomo e del suo compagno blu, la bestia si trova morta al suolo, a fianco del suo compagno, abbattuto da una martellata del guerriero. Il trio fa per allontanarsi verso la città, quando un enorme diavolo, di color rosso appare loro davanti e dice queste empie parole:

D: per oggi avete vinto voi, e vi lascio passare. Sappiate che questo affronto non sarà tollerato!

La bestia poi scompare in una nube di fumo, mentre i tre si allontano in verso la città, per ricongiungersi con la compagna lasciata indietro.

QUESTA PARTE E’ FINITA. SE NON TI E’ PIACIUTA LA STORIA, TI CONVIENE TENTARE UN’ALTRA STRADA! BUONA LETTURA.

martedì 14 febbraio 2012

Pow Last Session!

Lasciato alle il villaggio di Clanferon, seppelliti - laddove possibile - i loro morti, gli avventurieri superstiti, i due paladini, Thor e Friederich e la sfuggente halfling Cora, si ritrovarono in un'era confusa, che non dava riferimenti di alcun tipo, se non che la cittadina era disabitata come l'avevano trovata all'inizio e che il Maestro Betrand non c'era. La decisione che unanimente fu presa, dopo un momento di riflessione, fu di ritornare ad Hommlet, in modo da provare a cercare qualche punto di riferimento - in base per esempio ai reggenti - e qualche viso amico - Bertrand, semmai fossero stati nell'epoca giusta e se fosse stato lì-. Giunti che furono al villaggio, si recarono prima al castello per trovare saggezza nelle parole di Rufus, il mago, il quale si fece trovare in uno stato che poco lasciava dubitare sulla sua attività alcoolica della sera precedente. Dopo una conversazione tanto interessante quanto infruttuosa, decisero di andare alla locanda che doveva essere dismessa, e così la trovarono, poi a quella dove trovarono, imperitura a sconquassamenti spazio temporali, la proverbiale cordialità di Marydosen, la quale li accolse con la solita cortesia degna di un pontile del peggior porto, ma che diede loro una notiza insperata: Bertrand era lì. Una volta ordinata la cena, servita dalla locandiera con la consueta delicatezza, i tre decisero che bisognava verificare effettivamente la presenza del Maestro nell'edificio, per cui toccò a Thor salire nel piano delle camere, sopra la sala comune, a cercare Betrand. Dopo qualche tentativo rivelatosi poi un buco nell'acqua, finalmente il paladino trovò la stanza del Maestro il quale, interrotto nelle sue preghiere, gelò il suo allievo per l'interruzione poco gradita, ma poi fece lui capire che non era in possesso del diario di Solas e che l'epoca in cui si trovavano era quella attuale, sempre se si può definire così. Passata la notte, chi dormendo, chi commemorando l'amica perduta, chi meditando, i tre avventurieri del gruppo di partenza si trovarono nella sala comune anche con Bertrand. Erano pronti per recarsi alle rovine del tempio del Male Elementale, luogo che in effetti non avevano mai visitato, quando la loro partenza fu ritardata dall'arrivo di un halfling il cui arrivo in paese fu già annunciato dalla cortese, per toni e maniera, voce della locandiera. Era Lothar, un halfling che poi si rivelò essere fratello, o quantomeno parente di Cora, apostrofata poi col nome di Felana (Giulia sul serio non ricordo, te ga più nomi che skei!!), e portavoce della tribù, o meglio clan, che aveva dato loro i natali. Ottenuta dai paladini la protezione di Cora, ottenuta da quest'ultima la parola che avrebbe indagato sui misteri di un male che si sta risvegliando ed, infine, ottenuta dai paladini la sorveglianza della sorella, Lothar lasciò il paese, così come il gruppetto. Bertrand, superstite e vincitore dell'ultima spedizione al Tempio, fece strada con sicurezza verso le rovine del tempio, ma la notte sopraggiungeva, e gli avventurieri sapevano che non era cauto sfidare le insidie celate nell'oscurità, ragion per cui si fermarono in un villaggio, per meglio dire un gruppetto sparuto di tre case, cercando ospitalità. Vennero accolti da un gruppo di vecchietti che non esitarono ad offrir loro riparo; l'attenzione dei paladini però, fu subito colta dalla strana consistenza dell'aria, che sembrava essere pregna di una strana essenza: erano in guardia. Il vecchietto che si rivelò più arzillo confidò loro che la notte era impossibile non solo uscire, ma persino tenere le finestre aperte, infatti queste ultime erano visibilmente sprangate, a causa di dei rumori, come di uno sciame che come fiume in piena investiva l'edificio, che causò la scomparsa dei vicini. Il gruppetto passò la notte tutto in una stessa stanza, con turni di guardia, con il preciso obiettivo di ripartire all'alba del giorno dopo per andare a fondo della faccenda. Giunta l'alba, i due paladini e l'halfling, seguendo la guida sicura di Betrand, guinsero senza indugi alle rovine di una struttura che il Maestro spiegò essere stata un avamposto convertito dalla missione di distruzione del tempio. Percependo distintamente una grossa aura maligna provenire dal edificio diroccato, il gruppetto, capeggiato da Bertrand ed i suoi due allievi, decise di farsi strada tra l'oscurità. Scendendo, gli avventurieri si trovarono di fronte uno scenario non proprio aspettato: nebbia, molta, che rendeva l'aria tanto tangibile quanto umida, un suono di corna lontano ma tremendamente incalzante, strano liquido appiccicoso che fuoriusciva dalle crepe del pavimento e che poi, dopo un'attenta occhiata, era abbondante un po' dappertutto, soprattutto intorno alle strutture architettoniche. Il gruppo si dispose in fila indiana, Friederich, seguito da Thor e Cora, capeggiava la piccola carovana chiusa da Bertrand. Camminarono su pavimenti a dir poco instabili, sia per spessore, sia per consistenza, tanto che dopo qualche metro, il peso di Thor lo fece scivolare verso il basso, che corrispondeva all'ignoto, ma Heironeus guidò la sua mano ad un appiglio che gli fece sì evitare il peggio, ma al contempo notare in lontananza una strana struttura appesa al soffitto che poco non attirò l'attenzione del cavaliere. Ristabilita la carovana, il gruppo si trovò di fronte ad una delle due scale a chiocciola che Betrand sapeva essere una via certa per poter discendere, ma davanti a loro trovarono l'imprevisto: un dedalo tanto confuso quanto radicato di liane e piante rampicanti avvolgeva completamente le scale. Senza perdersi d'animo Bertrand estrasse lo spadone, col preciso scopo di scovare un varco, quando l'occhio attento di Frederich, fece in modo che la sua mano non fosse colta da un ramo che la stava per circondare ed afferrare. Grazie all'acutezza del paladino, il gruppo venne messo in guardia sulle piante, ragion per cui la volontà iniziale di Betrand di creare un passaggio, mutò in quella di debellare l'abominio. Impugnate torce e armi taglienti, i paladini si prodigarono per creare un passaggio, ma le piante dimostrarono non solo di essere più che semplici rampicanti, ma di sapersi difendere. Liane e rami fecero per afferrare Bertrand, il primo della fila, ma fu salvato dalla prontezza di Frederich, le cui percezioni sembravano guidate da Heironeus in persona. Vedendo tuttavia che la pianta non demordeva, il gruppetto decise di cambiare scala. Arrivati all'altra scala a chiocciola, Betrand fu più deciso e netto: diede subito fuoco con veemenza alle piante, che si difesero. La difesa del Maestro paladino consisteva nella spada di Frederich, la quale tranciò di netto un ramo che stava per avvilupparlo e dalla potenza di Thor, che con una martellata colpì un punto nevralgico della pianta, dal quale sgorgò linfa. Una volta scesi al piano di sotto, sempre accompagnati dal rumore del corno che suonava, dalla consapevolezza che la nebbia avvolgeva tutto e tutti in una letale penombra e che le ragnatele erano infiammabili, finalmente, dopo del tempo, scorsero, grazie alla vista acuta di Cora, qualcuno in corrispondenza di quella struttura notata all'inizio da Thor, nella sua quasi caduta. Era un trono, l'avevano visto tutti ora, seduto sul quale, a testa in giù, si dondolava in modo convulso, rapido e ritmico. La figura era umanoide, era lontana, ma lasciò subito intendere che non aveva difficoltà a muoversi a testa in giù e la sua volontà bellicosa. Una volta più vicina, si scoprì che il losco figuro, dallo sguardo folle, iniettato di sangue quanto di ansia, era il maestro di Bertrand, la prova che, a discapito delle parole di Rufus, anche il più buono può venir corrotto. Il nemico (di cui onestamente no go capì el nome!), per prima cosa, apostrofò Betrand con frasi irridenti, poi fece in modo di evocare i suoi "amici": addentrandosi sempre di più all'interno ed in profondità nella struttura, gli avventurieri vennero a conoscenza che la struttura architettonica principale era sì esistente, ma non poteva prescindere dalle enormi ragnatele che sì la avviluppavano, ma che le conferivano enorme stabilità; capirono anche che un eventuale danno alle ragnatele poteva compromettere l'integrità dell'intera struttura. Coerentemente con l'ambiente circostante, il Maestro empio, chiamò a sè alleati tanto piccoli quanto numerosi, gli avventurieri riuscirono a distinguere, tra la nebbia - nel frattempo infittita - e la poca luce, tre sciami distinti di aracnidi, i quali puntavano dritti i paladini. Non sentendosi più protetta, Cora decise di affidarsi al suo istinto, piuttosto che alle pesanti armature dei compagni, quindi si tuffò in mezzo ad un cumulo di piante, sperando di non esser vista. La sua azione non fu vana, Betrand e Frederich corsero verso il nemico sfidando la strettezza del camminamento, la sua scivolosità e le insidie che poteva celare sotto fatiscenti assi di legno. Thor invece volle assicurarsi che i ragni non attaccassero Cora, infatti, torcia in mano, decise di frapporsi tra lo sciame e l'halfling, garantendole la fuga. Mentre i primi due paladini continuavano ad avanzare, Thor si fece spazio nello sciame utilizzando la torcia, in modo tale da essere vicino ai compagni. Nel frattempo, il malvagio cavaliere, aveva evocato 6 demòni, i quali volavano intorno alle sue braccia nella stessa maniera in cui gli uccellini cinguettano intorno ad un pesco fiorito. Bertrand e Frederich decisero di avvicinarsi con un approccio più studiato al nemico, quindi camminarono verso di esso, ma l'intelaiatura di ragnatele ed assi cedette, e li fece trovare a testa in giù. Thor invece puntò ad un approccio più diretto, dopo una breve rincorsa spiccò un salto verso il nemico, senza ahilui fare i conti con le creature infernali alate, le quali lo afferrarono e artigliarono, portandolo in aria. Gli sciami di ragni nel frattempo avanzavano: uno in direzione di Cora, che nel frattempo, trasportata dalle piante che sembravano rifuggire i ragni, era finita al piano di sotto; uno si eclissò nell'oscurità, l'altro puntava Thor, il paladino più arretrato come posizione. Mentre Betrand e Frederich cercarono di liberarsi tranciando le ragnatele, Thor disarcionò tre demòni su sei, il suo peso fece in modo che lo mollassero, la sua forza che si riuscisse ad afferrare all'estremità del baratro che voleva in principio saltare e che lo separava dal suo nemico. Liberatisi, Frederich e Betrand, dovettero fare i conti con un grande ragno, grosso all'incirca come un granaio - tra zampe e torace - che prima li immobilizzò con la sua tela, poi cercò di attaccare Cora, che nel frattempo stava esplorando il piano basso, cercando di capire la disposizione e la costruzione dell'enorme ragnatela, che sembrava avere una zona nevralgica in corrispondenza del baratro in cui stava finendo Thor. Lo scontro evolse con l'uccisione del ragno da parte dei due paladini in basso, e con Thor che stava sì per risalire a livello del nemico principale, ma che fu, costretto da una pedata sulla mano, fatto cadere in basso. Il suo peso unito alla gravità fece il resto, si trovò incastrato nel pavimento misto di tela e legni, con uno sciame che lo avvolgeva, e con i demòni che lo tormentavano con i loro artigli tanto piccoli quanto penetranti. La situazione sembrava in pieno controllo delle forze del male fin quando Cora, guidata da un po' di coraggio misto curiosità, non recise una grossa ragnatela che, come un tirante, sembrava sostenere una parte di struttura dove stavano anche Thor, il paladino decaduto e Frederich. Precisamente come se avesse subito la rottura di un tirante, la struttura collassò addosso a Thor, Frederich gli cadde sopra. L'ex maestro, trovatosi allo stesso livello delle sue nemesi, non esitò ed approfittare della situazione per ferire molto gravemente Frederich, che già era stato fiaccato da altri ragni, richiamati dall'entità maligna. Betrand, una volta ucciso il ragno che minacciava Cora, si precipitò verso il suo vecchio maestro, - ma non fece in tempo a salvare la vita del suo discepolo Frederich, il quale, dopo un combattimento strenuo e stoico, nel quale Thor, nel frattempo rialzatosi devstò con due martellate il trono del nemico, dal quale Cora vide volar via qualcosa, cadde sotto gli empi colpi del nemico - saltò il baratro che lo separava da quest'ultimo e Thor, invischiato nella tela dei ragni, e si frappose. Cora nel mentre, era intenta a fuggire dallo sciame di ragni che l'aveva puntata, e correva lungo uno stretto e scivoloso camminamento. Betrand fu colto impreparato da due fendenti vibrati dalla spada con l'elsa d'osso del suo vecchio maestro, il quale colpiva con odio viscerale ed empio il suo un tempo allievo. Betrand stramazzò al suolo, salvando però così Thor, ancora invischiato nelle appiccicose tele dei ragni. Il maestro stava per passare a lui quando quest'ultimo, incanalando l'energia positiva di Heironeus, diede linfa vitale al suo maestro, il quale si potè rialzare e riprendere lo scontro. Rinvigorito dalla fede, Thor, in un unico gesto, squarciò le tele che lo limitavano e balzò in piedi. Sentendosi in pericolo, il nemico fece per spingere Betrand, di nuovo colto alla sprovvista dall'azione inaspettata della sua nemesi, il quale però fu fermato dalla mole di Thor che, puntati i piedi, divenne un muro inamovibile. Messo alle strette, il nemico fuggì, con la sua capacità di camminare, proprio come un ragno, a testa in giù, si rifugiò sotto il pavimento, ma non aveva fatto i conti con la furia di Thor il quale con una prima martellata disinterò la già fragile struttura, e con un secondo colpo, carico di energia positiva, sconfisse definitivamente il nemico..

(oh, magari ho fatto casino, ma l'ho scritto in pausa studio, per cui abbiate pazienza, sennò prossima volta fè voi e rangeve! :p)

giovedì 9 febbraio 2012

IL NUOVO INCONTRO

La morte di Soveliss fu un avvenimento inaspettato, assolutamente al di la della comprensione dei suoi compagni. Ovvio, erano tutti avventurieri, sapevano che la morte poteva attenderli ad ogni passo, dietro ogni pietra e ogni anfratto che loro esploravano, ma la perdita di una persona così vicina fu un evento drammatico, quasi irrealistico.

Avevano assistito alla sua prima caduta e alla sua redenzione, avevano visto come il male che albergava dentro di lui era sparito, scomparso come un brutto sogno, dentro la notte che tutto dimentica, che si nutre di paura e incubi.

Avevano visto che c’era possibilità di redenzione per tutte le creature e avevano cominciato ad apprezzare il giovane elfo, con quel modo di fare molto pomposo, quasi nobile - che purtroppo contraddistingue la sua razza, ma allo stesso tempo anche poco esigente, senza chiedere gli agi e le comodità che avrebbe potuto pretendere.

Non aveva legato in maniera stretta con nessuno di loro, anche se per ognuno aveva trovato un modo per rendersi utile, portando informazioni, assistendo carcerati, proteggendo e incantando quello che passava loro davanti. L’esplosione della torre rimarrà sicuramente impressa negli occhi di quelli che erano con lui in quel momento.

Morì cercando di fermare Solas, il malvagio essere che imperversava nella regione. Avevano appena fermato una schiera di non morti, guidati dai chierici del Tempio, quando Solas, mascherato da vecchio monaco, provò ad allontanarsi. Soveliss lo seguì, cercando di convincere il monaco a tornare indietro con il gruppo, in modo da dar lui protezione e sicurezza.

Purtroppo il monaco riuscì a toccarlo, evidentemente con l’intenzione di sondare il suo animo e vedere se mentiva. Soveliss non poteva immaginare che nel suo tocco si nascondeva un incantesimo più potente di quello che si sarebbe aspettato, il gesto non era a lui familiare, abituato a magie più appariscenti e poco convinto dell’azione degli dei nelle magie del quotidiano.

La morte giunse a lui in fretta, senza possibilità di scampo. Il suo corpo si accasciò, fragile come un cristallo, effimero come la rugiada dopo una notte di pioggia. Cadde con banale solennità, a braccia aperte, sparpagliando gli oggetti che aveva nella sacca intorno a se, quasi a formare una squallida corona attorno al suo capo.

Il suo animo vide tutta la scena, mentre gli occhi si velavano e si chiudevano un ultima volta, mentre lui riconosceva la sensazione che aveva provato un’unica volta, quando si era trovato al cospetto di Heironeuos. Il suo spirito vide i suoi amici che correvano verso di lui, vide il loro sguardo stupefatto che guardavano il suo piccolo corpo, disteso a terra come una foglia ai primi freddi dell’autunno.

Fu sepolto in maniera semplice, sotto un cumulo di terra nel bosco, a legame di quello che i boschi erano per lui, il suo luogo di nascita, il suo luogo di eterno riposo. Il posto fu benedetto, e i paladini pregarono per la sua anima, mentre Iria e Cora stavano in disparte, silenziose e con i cappucci alzati sopra la testa. Non avrebbero pianto, Soveliss era per loro ancora un mistero, però una nota di dispiacere avanzava nel loro animo.

Una volta terminate le esequie, lo spirito di Soveliss si girò, allontanandosi tra gli alberi. Dopo un breve cammino, dove non sentì fatica, si trovò dinnanzi a una piccola porta, adornata da ghirlande di pungitopo, che emanava una luce soffusa dal suo interno. Vedeva distintamente le rune intagliate sull’architrave, mentre le colonnine che reggevano la struttura sembravano fatte da argento liquido, da tanto erano cangianti e mutevoli. Esse passavano da un motivo semplice, fatto di piccole foglie scolpite a formare un ramo infinito, a figure più complesse, di draghi d’oro e d’argento, uniti in una danza eterna. La porta era priva di pomello, ma Soveliss era sicuro che l’avrebbe trovata aperta.

Spinse i battenti, e la luce si espanse per un largo tratto attorno a lui. Notò con un certo piacere che la luce lo attraversava senza sforzo, non lasciando ombre e non preoccupandosi di lui. Oramai era sicuro di quello che sarebbe successo.

Entrò, guardandosi indietro un’ultima volta, lasciando che il suo sguardo girasse benevolo nello spazio e nel tempo, osservando i suoi amici che avanzavano, ignari del pericolo che portavano con se. Era sicuro che ce l’avrebbero fatta, sperava di non dover accogliere nessuno di loro. Si rigirò e non vide più nulla in questo reame mortale, mentre l’animo entrava per la prima volta nella volta dei celesti. Finalmente avrebbe capito tutto e la sua fame di conoscenza sarebbe stata placata.

Era finalmente felice.

mercoledì 8 febbraio 2012

Iria, al di là

Le esequie di Iria furono celebrate nel cortile dietro la chiesa di Pelor, entro il recinto del piccolo cimitero. Non fu facile la scelta della funzione da officiare, dato che non era rimasto più nulla del suo corpo, tranne quell'unico ciondolo che aveva rappresentato il suo - seppur improbabile - legame con Heironeus: i paladini e il loro maestro erano unanimi nell'intenderlo come segno, manifestazione della potenza stessa del loro dio.
Cora, com'era logico aspettarsi, decise di tenere per sé il ciondolo, a ricordo di Iria, ma dovette scontrarsi con i paladini, i quali non potevano tollerare che un simile artefatto andasse in mano ad una miscredente. Ma le argomentazioni dell'astuta halfling fecero cessare ogni lamentela: l'amicizia era un nobile sentimento, sacro quasi - si sforzò - quanto la fede.
Per la funzione Cora propose di costruire un piccolo tumulo con pietre benedette. Una volta eretto ci mise in cima il pendaglio. Alcune parole sacre vengono dette; altre cariche d'affetto e tristezza vennero pensate. Infine, con le dite bagnate delle lacrime, Cora afferrò il pendaglio e se lo mise al collo.
E subito sentì come un brivido pervaderla dentro le ossa; l'aria quasi impercettibilmente le vibrò attorno; e una nebbiolina perlacea la circondò, si espanse e in ultimo si dissipò.
I paladini si osservarono sgomenti, ma dopo aver visto il loro dio attraverso le vestigia mortali di quella drow solo un giorno prima, in cuor loro ognuno attribuì quell'evento al mistico ciondolo e ad una fede potente seppur nascosta della drow; o forse che lo stesso Heironeus si stesse manifestando e stesse dando a tutti loro la sua benedizione. Acquietati che furono i loro animi, fecero per rompere il circolo attorno alla tomba quando una risatina e una voce maliziosa riecheggiarono familiari: "vi ringrazio per questa funzione spartana ma sincera: è di certo ciò che desideravo per le mie esequie".
Iria. Stava seduta in una posizione improbabile sulla pila di pietre. La sua figura era traslucida, come se fosse fatta di nebbia, ma ciò che più stupiva era il sorriso sul suo volto dalla pelle grigiastra, una maschera di ceramica scura in cui occhi gialli brillavano come lucciole. I paladini non percepivano alcuna minaccia, nemmeno quella malvagità residua propria dei geni malsani dei drow. Al contrario, una sensazione di pace si espandeva da quella visione evanescente.

Cos'era successo? Iria era stata disintegrata, le sue spoglie mortali erano state polverizzate, in maniera definitiva, e lei si era ritrovata al di là.
Heironeus ne aveva reclamato l'anima, anche se dovette contendersela con altre divinità. Ma fu proprio il modo in cui Iria era stata uccisa a decretare a chi sarebbe appartenuta: non era più una drow, dato che non esistevano più tracce fisiche della sua natura, quindi Lolth era stata scacciata; non era più un'adepta del culto del male elementale, perché proprio da un suo sacerdote era stata distrutta, quindi Taridzhun era stato bandito; non era più una creatura della montagna e dell'inverno, perché la sua volontà e le sue scelte erano state spazzate via assieme alla sua vita terrena, quindi anche Telchur s'era allontanato. Solo l'anima era rimasta, solo un'unica scintilla, quello spirito di orgogliosa benevolenza che aveva, inizialmente con riluttanza, curato e deciso di nutrire dentro di sé, quindi solo Heironeus era rimasto.

E Heironeus richiamò l'essenza di Iria e lei si ritrovò puro spirito di fronte al dio.
"Di nuovo", aggiunse lei.
"Questa volta è diverso; questa volta non esiste altro di te, solo", l'abbracciò completamente con la sua potenza, "questo".
Iria si guardò, o piuttosto percepì se stessa e comprese che era giunta la fine delle sue peregrinazioni. E subito un impeto di forza misto ad ira la sopraffece, e come un unico boato investì la magnificenza del dio con i suoi pensieri.
Heironeus la guardò, o piuttosto la percepì, e comprese ancora più profondamente il vero desiderio dentro quell'anima tormentata. Comprese quanto fosse stato straziante per lei una dipartita senza redenzione; come la sua ricerca per una nuova identità non fosse infine mai approdata a nulla; e quanto questo desiderio insoddisfatto avrebbe perseguitato e torturato quell'anima per le ere a venire. Comprese quale pericolo si celava dietro a tutto ciò, in un'esistenza superiore circondata da dei malevoli e infidi. E decise di proporle una rinascita, simile a quella che ebbe anni prima, ma questa volta invece di uscire dal buio delle caverne, le propose di uscire dalle sue membra e di tornare nel mondo come puro spirito, come drow - sì - nell'aspetto, ma nell'animo elfa come era stato deciso sin dalla notte dei tempi dalla volontà del grande creatore.

FELELAS

Nato da una stirpe di alti elfi, Felelas fu un ragazzo particolare fin da giovane. La sua voglia di sperimentare e di capire il mondo lo porto attraverso i lunghi anni della giovinezza a intraprendere strade pericolose e poco battute dagli altri mortali presenti sulla Terra. Per questo motivo, una volta compiuti i 40 anni, si iscrisse alla scuola di magia del suo paese.

Come elfo grigio, il suo essere parte di una società senza dubbio superiore a qualunque altra , la sua vocazione più grande era la magia e la manipolazione delle forme. L’illusione, l’inganno e la trasformazione della materia lo affascinava più di ogni altra forma di magia.

Per questo motivo decise di intraprendere la cangiante via delle molteplici forme, via che più di una volta aveva portato alla pazzia parecchie persone, incapaci di distinguere il reale dall’illusione, confuse dal loro stesso potere e dal loro mutare forma. Incapaci mortali! Lui che più di tutti aveva desiderato possedere il controllo delle forme, che più di tutti aveva sperimentato la modifica delle forme di vita, era miseramente ingabbiato in un fragile corpo elfico, superiore a tutti sicuramente, ma costretto comunque all’invecchiare del tempo, al declinare dei giorni, alla corruzione della carne. Perché?

L’immortalità è un bene necessario, 600 anni sono pochi per poter sperimentare, per intraprendere le vie proibite della magia, per forgiare il proprio destino per la grandezza. chi poteva capire il suo sogno? Chi poteva seguire il suo destino?

Per questo decise di partire, appena compiuta la maggiore età, con un gruppo di avventurieri, per ripulire una zona pullulante di orchi, vicino al paese in rovina di Nulb, vicino alle rovine del Tempio. Le loro avventure li avvicinarono al Tempio, fino a farli entrare in quelle rovine, piene di misteri e di magia. Finalmente una sfida per il suo livello, finalmente la possibilità di capire la magia meglio di chiunque altro, finalmente la possibilità di strappare agli dei l’immortalità!

Dentro il tempio le sfide furono ardue, le stanze piene di pericoli e di mostri. Nonostante il Culto fosse stato estirpato e Lareth sconfitto, i vari Templi Elementali erano ancora forti e il loro potere era vasto e insito in ogni cosa. Quindi le difficoltà furono subito molteplici e mortali.

Dopo una settimana in quelle rovine, il loro gruppo era sfaldato. Quattro morirono solamente al primo livello del tempio, mentre gli altri 2 erano stati portati via da degli orchi. Le loro grida echeggiarono per giorni, intrappolate tra quelle rovine. Rimasi solo, al buoi, con il mio libro di incantesimi e basta.

La mia capacità di mutare forma e di passare inosservato mi permise di addentrarmi sempre più nel tempio, a carpire segreti e riconoscere parole d’ordine, comandi e segreti. Mi innamorai della mia situazione. Potevo vivere come un fantasma, circondato da quelle immense rovine, vivendo di furto e omicidio, carpendo segreti e conoscenze.

Un giorno entrò nelle sale più interne, dentro una torre nascosta. Li dentro conobbe i segreti della Triade, i capi del Tempio e si affascinò del loro potere. Volle far parte di quel disegno, che lo avrebbe portato all’immortalità, ne era certo!

Eccomi, potente Triade, io fui lo spettro di questo luogo. Appartengo a una razza superiore, capace di cose straordinarie, ma non mi basta. Io voglio l’immortalità, voglio il controllo della mia anima, voglio il potere di poter decidere il mio fato. Voglio unirmi al vostro disegno, pensare voi e voi soltanto. Voglio le vostre parole di potere dentro la mia bocca e incise nella mia mente, voglio fare di Imix il mio signore. Cedo il mio corpo al Tempio, che possa fare di quello che vuole. Ho ucciso molte delle vostre creature, ma che infimi avversari! Loro che non sono capaci neppure di riconoscere la realtà dalla finzione, cosa volete che siano? Io sono necessario a voi, posso proteggere il vostro operato e aiutarvi a compiere il vostro destino. In cambio voglio il controllo del mio!

La Triade ascoltò in silenzio il giovane elfo. Poi scomparve, mormorando parole di potere. Evocarono una creatura di fuoco, fatta di fiamme e lava, con del carbone al posto degli occhi. Si rivelò come emissario del Tempio del Fuoco, e gli parlò. Il contenuto del discorso non è dato a saperlo, ma l’elfo ricevette il dono della vita e si unì al Tempio. Vista la sua grande intelligenza fu mandato nel mondo per spiare e debellare tutte le minacce per il Tempio, sviando avventurieri e carpendo segreti. Le sue forme molteplici gli permisero di fare grandi lavori per il Tempio, gli permisero di distinguersi. Gli permisero di forgiare il suo destino.

Ebbe il permesso di uccidere per non farsi scoprire, di lottare per mantenere il suo ruolo, di debellare la minaccia crescente degli altri Templi, per la gloria e l’onore del Fuoco.