Come avrete visto i BG in realtà sono segreti. Alla morte del personaggio però li pubblicherò sul sito.
Ecco il BG di Asgard!
Ps iniziate a commentare sennò sembra che sia pazzo.. ;)
ASGARD
Provo una grande curiosità per l'ignoto e questo spesso mi ha provocato grandi disagi in gioventù.
La mia famiglia mi ha sempre considerato strano. Già da piccolo notavano in me quei connotati che ora mi sono molto cari: pelle molto pallida, occhi neri come l'alabastro e una grande passione per le tenebre e il segreto. Il mio comportamento non del tutto inquadrato spesso non mi aiutava, ne in famiglia, ne nella mia città.
A 6 anni non giocavo, non frequentavo i miei coetanei che ora fanno i pezzenti e cercano di non morire di fame. Preferivo esplorare la mia città, specie la zona del porto e i quartieri vecchi e malfamati: sempre bui, sempre sporchi, sempre interessanti. Attorno a me succedevano sempre cose strane e apparentemente inspiegabili, si muovevano strane forze che mi spingevano a fare cose considerate dai più come “anormali”.
Giocavo con i topi, con le falene, con i serpenti. Un giorno ne portai a casa uno morto e mio padre da quel porco che era per poco non mi ammazzava.
Solo ora capisco l'importanza del mio dono e quello che comporterà all'umanità questa scoperta!!!
Poi, a 8 anni successe una disgrazia, che obbligò la mia famiglia a cacciarmi di casa: benedetto quel giorno, che ha spinto la magia che scorre in me a uscire e a rivelarsi al suo dominatore!
Mio padre, un sordido ubriacone, mi trovò a casa in lacrime, sporco di terra e sangue, con una pala in mano, pieno di lividi e tagli. Dopo una scarica di botta l'unica cosa che riuscì a togliermi di bocca fu la parola “cimitero”.
Andò li con il chierico della zona e scoprì che dei cadaveri erano stati dissotterrati e che i corpi erano spariti. Giuro che non mi ricordo cosa successe, l'unica cosa che so e che quella mattina mi ero sentito strano (o almeno più del solito) e che ad un certo punto “qualcosa” mi aveva spinto in cimitero.
I miei non vollero sentire ragioni: mi chiamarono pervertito, violatore di tombe, assassino e ladro. La mia stessa madre, quella lurida prostituta smidollata, prese posizione contro di me! Proprio lei, che non esitava a portarsi il lavoro a casa mentre noi giocavamo sul pavimento.
Mi cacciarono.
La prima notte fu orribile: corvi, topi e serpenti venivano da me e cercavano la mia compagnia, tanto da impedirmi di dormire. In preda alla disperazione abbandonai la città e scappai nelle campagne circostanti, facendo attenzione da non farmi vedere da nessuno.
Vissi un po' di tempo rubando, ma sentivo che quella del ladro non era la mia vocazione: a me piaceva l'ombra, la notte, la solitudine. Odiavo le piazze e le locande affollate dove solitamente i ladri “lavorano”.
Dopo qualche mese di quell'esistenza, venni catturato da un uomo che si avvicinò a me con la scusa di offrirmi del pane. Tal uomo non era neppure un essere umano al 100%. Aveva un fascino misterioso e dei modi di fare molto serpenteschi. Ricordo che indossava una tunica verde. Era uno Yuan-Ti mezzosangue, la più stupida bestia di quell'immondo ordine, ma comunque molto più forte di un semplice umano, figuriamoci di un bambino. Mi portò nelle fogne, probabilmente con l'idea di mangiarmi.
Li ebbi una rivelazione: dovevo stupire quella stupida bestia se volevo vivere: cercai di sprigionare tutti quella vasta gamma di stranezze che per tanto tempo avevano segnato la ima fanciullezza. Niente! Per quanto mi sforzassi ora sembravo uno stupido, magro e sporco bambino, pronto per essere divorato da uno squallido (benché forte) servitore.
Un attimo prima che la creatura mi colpisse, crebbe dentro di me una rabbia senza eguali. Capii che quello era il momento giusto per colpire la creatura e fargli capire chi era il più forte. Con una mano afferrai la bestia al braccio e per poco non glielo recisi di netto. La mia mano si era trasformata in una zampa violacea di pura energia, dotata di 4 artigli lunghi più di un coltello da macellaio.
Ero vivo!
La bestia, talmente spaventata scappò via urlando in un linguaggio che non capii. Dopo qualche minuto tornò insieme all'uomo che più di qualunque altro mi cambiò la vita.
Il mezz'elfo mi abbracciò, mi nutrì e mi diede una veste nera da sostituire ai miei stracci senza dire una parola. Dopo di che mi condusse in una vasta sala una volta adibita a segreta e si sedette sul trono più strano che avessi mai visto.
Lui era totalmente vestito di nero, seduto su un trono d'ossa, con al posto degli occhi due arcane fiammelle. Accanto a se stava un suo servitore, uno scheletro di un umano morto da gran tempo.
Il Maestro (d'ora in poi mi riferirò a lui in questo modo) era l'ultimo dei Negromanti, una setta di stregoni che aveva capito che la magia non era ne malvagia ne benigna, ma solamente magia. Cosa diventava poi era determinato dalle intenzioni dell'incantatore. La setta, mi spiegò, incanalava l'energia del piano Negativo in modo così perfetto da poter usare solo quella. Qualsiasi altro tipo di magia non è utilizzabile del Negromante!
Mi allevò come suo discepolo. Con lui passai anni a imparare e a migliorare le tecniche che mi erano state concesse dal destino. Come tutti i Negromanti lui non credeva nelle divinità. Io, già scettico di mio nei confronti della religione, fui ben felice di seguire il mio Maestro in questo. Dissi addio al parlare per aria con creature che non esistevano!
Divenne mio padre e mia madre, mio fratello e mio amico. Mi insegnò a disprezzare tutto ciò che aveva a che fare con l'ordine, in quanto l'ordine stesso è l'invenzione dell'uomo che più gli permette di compiere soprusi e ingiustizie.
Passai la ima adolescenza in pieno fermento: oltre a imparare tecniche su tecniche apprendevo l'arte delle segretezza e dell'inganno: il nostro ordine non era ben visto e quindi dovevamo restare nascosti e nell'ombra, a causa delle persecuzioni che le scuole magiche intraprendevano contro di noi. Sciocchi!!! Non capivano la nostra diversità: avevamo un potere a loro sconosciuto e loro ne erano intimoriti; quanta ignoranza che c'è al mondo.
A 15 anni affrontai la mia prima grande scelta.
Il Maestro mi chiese, dopo un lungo cammino, se volessi specializzarmi nell'evocazione dei non-morti o proseguire nel mio cammino che mi avrebbe portato a scoprire i segreti più nascosti della magia negromantica. Rifiutai, a causa di quanto i non-morti avevano fatto a me quando ero ancora piccolo, a causa della mia fanciullezza rubata per loro capriccio. Il mio unico scopo era diventato quello di accumulare potere per poter dimostrare a quel porco degenerato di mio padre quello che ero diventato: il discendente di una lunga stirpe di incantatori, votati alle tenebre, al di la del bene e del male.
Ho sempre aborrito la scelta che qualcuno fa di adorare e servire il bene o il male: questi ultimo non sono che il frutto dei giudizio del nostro tempo. E' lo scopo per cui sono utilizzati poteri e risorse umane a rendere una cosa malvagia o benigna, di per se non esistono.
Sviluppai enormemente il mio potenziale, affinai ulteriormente le mie tecniche. Nonostante avessi rifiutato di apprendere le più potenti tecniche di evocazione della non-vita, ero sono e sempre sarò in grado di evocare i morti come miei oscuri servitori, pronti a dare per me tutto, compresa la loro miserabile non-vita.
A 20 anni raggiunsi la piena maturità:s sbloccai in maniera consapevole e adulta il 1° sigillo dei negromanti e tutte quelle magie che in gioventù facevo in maniera inconsapevole divennero mie. Le conobbi così a fondo che dal quel momento non dovetti più scriverle o impararle dalle pergamene: mi venivano naturali come mangiare o bere.
Il mio Maestro mi diede il congedo: disse che con me aveva finito e che non c'era più niente che non potessi imparare da solo. Come ultimo gesto mi diede 3 doni d'addio, che sempre mi porterò appresso, per ricordarmi che grand'uomo che era.
Mi diede il suo famiglio, un Corvo di nome Svalabrast, che affinò i miei sensi e le mie difese mentali. Mi regalò un bastone, per sorreggermi nel cammino e per colpire sempre i miei nemici. E' un bastone duro, in erano, nero e mortale come la notte. Sulla cime ha incastonato un brillante, una gemma fatta interamente in SSeCd, di un rosso talmente acceso da far mele agli occhi di chi non è abituato a vederlo.
Come ultimo dono mi regalò una sua veste da battaglia, memore di quanto lui aveva dovuto lottare in gioventù. La veste, cucita in un pezzo unico, era di un nero quasi abbagliante, con degli inserti in cuoio di color avorio chiarissimo. Vista da lontano la veste dava l'idea di uno scheletro ghignante pronto a colpire. Tutto questo era completato da una maschera nera che copriva il volto fino al naso, con sopra disegnato un teschio ghignante.
Decisi di completare l'opera aggiungendo una fascia color rubino in vita, per poter tenere sempre con me i miei composti alchemici, che sempre mi hanno servito in maniera ottimale, grazie al mio talento innato a creare misture.
Il mio volto è sempre coperto, sono sempre nell'ombra. Giro ai margini del gruppo di avventurieri che mi sono trovato, ma il mio obbiettivo resta sempre uno solo: trovare mio padre, fosse l'ultima cosa che faccio. Loro conoscono solo i miei occhi, neri come la notte, inespressivi; ormai niente mi sorprende più e nulla mi fa timore.
Con loro mi spaccio come stregone, per timore che anche loro mi caccino via se sapessero quello che sono: non credo che riuscirei a restare sano di mente se subissi un altro abbandono.
Il barbaro conosce la magia come io conosco il balletto. Io gli sono utile, lui è utile a me. A lui per fortuna non interessa da dove deriva il mio potere, sa solo che talvolta è più forte della sua lama e che spesso gli sarò utile in battaglia. Per il guerriero il discorso si fa più facile ancora, non ha quella diffidenza quasi animalesca di chi ha vissuto in una tribù.
Quello che mi preoccupa è il druido: lui sa che la mia magia non è proprio arcana, ma finora crede a una panzana che gli ho rifilato: che il mio maestro era un mezzo-drago che mi ha trasmesso strani poteri.
Il bardo? E' intelligente, ma non ha tanta affinità con la magia, preferisce stare al centro dell'attenzione e affidarsi al suo talento.
La ladra è pericolosa: credo che riuscirebbe a ingannarmi e a strapparmi la verità, ma tutto sommato mi trovo bene con lei. E' una mia coetanea che non parla mai del suo passato, anche se nel complesso come persona è gradevole.
Non amo la luce. Preferisco il buoi e la sua sicurezza. Non ho paura di quello che non vedo, la paura è frutto dell'ignoranza ed è completamente inutile. Provo timore per i morti, ma è lo stesso timore che ha l'alunno nei confronti del maestro. Provo piacere nel fare cose avventate, tutta la mia vita è stata un rischio, spesso ho rischiato la vita e quindi non ho paura dell'impossibile.
go scrito tutta sta roba???
RispondiElimina(Asgard mentre parla in Sottocomune)
sottocomune.. bella bella l'idea!
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